Con questa sono 3 volte che torno a Barcellona. La prima fu nell’ormai lontano 2003, la seconda nel 2008 e quindi ora. Negli anni è cambiato il mio modo di viaggiare, la mia attenzione nei confronti di
alcune cose è mutata. Mi oriento abbastanza bene in città, ricordo dove si trovano le attrazioni principali, in quale carrer svoltare per risalire velocemente a Santa Maria del Mar o alla Cattedrale.
Proprio tornare a Santa Maria del Mar mi ha emozionato. Continuavo a dire “Lo vedi quanto è bella?“. E la è davvero. Un trionfo del Gotico costruito con la devozione e con la forza di uomini che nulla possedevano se non le proprie spalle e la propria fede, per trasportare le pietre dal Montjuic, la montagna dietro Barcellona, così lontana così vicina. A questi trasportatori è reso il giusto omaggio sul portale della chiesa, e nel tanto bello quanto lungo romanzo “La cattedrale del mare” di ildefonso Falcones.
Anche questa volta, come le precedenti, ho privilegiato un percorso attraverso il Modernisme e Gaudì. Sagrada Familia in primis, abbiamo toccato un po’ tutte le tappe principali della Ruta del Modernisme. Anche questa volta ho amato e odiato allo stesso tempo la Sagrada Familia, che continua a crescere e a ripensare se stessa, tanto che neanche oggi, nel 2016, è possibile salire su una delle torri, cosa che ancora nel 2003 invece si poteva fare. Ma l’esperienza della chiesa in sé, della sua architettura all’interno, delle luci delle sue vetrate, e dell’apparato scultoreo all’esterno, lasciano ogni volta a bocca aperta anche chi sa cosa si aspetta.
Un aspetto che ho approfondito questa volta, perché mi ci sono imbattuta per caso, è il passato più antico della città, quando in età romana Barcellona si chiamava Barcino, era cinta di poderose mura e non aveva idea che sarebbe diventata la grande città che è oggi. Compaiono dal nulla, le mura, quando meno te le aspetti, all’ingresso del Barri Gotic, mezze smontate e riutilizzate in epoche successive, in bizzarre commistioni di stili architettonici che solo una città a continuità di vita come Barcellona può avere. Un passato antico che si presenta agli occhi con prepotenza, anche in piazza della cattedrale, dove i resti dell’acquedotto romano si riconoscono in eleganti arcate cui mai nessuno attribuirebbe una funzione meramente strutturale.
È questa la Barcellona che sono contenta di aver incontrato questa volta. Perché la città rivela sempre qualcosa di nuovo a chi qualcosa di nuovo va cercando.











