Papasidero (CS) è un borgo del Parco Nazionale del Pollino, noto a chi ama le esperienze outdoor per il rafting e il canyoning lungo il fiume Lao.
Ebbene, in questo post non ti parlerò né di rafting né di canyoning, né delle altre esperienze outdoor e sportive che si possono fare da queste parti (ad esempio la mountain bike, ben segnalata).
Piuttosto, in questo post troverai le esperienze culturali da fare a Papasidero: esperienze decisamente uniche, eccole:
- una grotta abitata dall’Homo Sapiens fin da 24.000 anni fa
- una chiesa rupestre, costruita contro roccia al di sopra di un’ansa del fiume Lao
- una cappella piccolissima e affrescatissima
Se questi tre punti ti sembrano motivi validi per fermarti a Papasidero oltre il tempo necessario per il rafting continua a leggere. Altrimenti… beh, avrai vissuto Papasidero solamente a metà!
Papasidero preistorica: la Grotta del Romito
Se si vuole raggiungere la Grotta del Romito bisogna volerlo fortemente: dalla via principale che dallo svincolo A2 di Mormanno conduce verso Papasidero, poco oltre il bivio per Avena parte la stradina – asfaltata ma piuttosto strettina – che conduce, dopo circa 4 km, al sito della Grotta. La Grotta è molto ben indicata con segnaletica stradale adeguata, per cui si può rintracciare anche senza bisogno di usare Google Maps (non è detto che la connessione internet da queste parti sia efficace…).
Grotta del Romito: info pratiche
La visita alla grotta è organizzata in visite guidate a orari prestabiliti (9.30-10.30-11.30-12.30, ecc.) e costa a prezzo pieno 5 euro. Ben spesi, ve lo dico subito. Il parcheggio non è particolarmente grande, tuttavia se ciascun guidatore parcheggia con criterio (e non alla me ne frego, come vedo fare sempre più spesso, soprattutto da chi ha il suv o la moto) si risparmia spazio e c’è posto per tutti.
Nell’attesa della visita alla grotta, fatto il biglietto si può visitare il piccolo spazio museale didattico in cui è riassunta la storia del sito e delle ricerche, attraverso pannelli e il calco di due delle 9 sepolture rinvenute all’interno della grotta.
Ah, già, ma non vi ho detto perché è importante questa grotta. Rimedio subito.
Grotta del Romito: arte rupestre nella Calabria paleolitica
La Grotta del Romito deve la sua fama all’opera d’arte rupestre che si conserva, incisa su una roccia, sotto il Riparo all’ingresso della grotta vera e propria: un artista paleolitico tra i 14.000 e i 12.000 anni fa (poca la differenza!) incise a bulino (uno strumento di pietra affilatissimo che serviva proprio a incidere) con dovizia di particolari e grande realismo un toro. O meglio, vista l’epoca, un bos primigenius, specie di bovino oggi estinta ma che nel Paleolitico Superiore popolava le foreste del Pollino e costituiva, probabilmente, una delle prede preferite dal nostro artista e dal suo clan.
La scoperta avvenne nel 1961 e da quel momento nella grotta si sono svolte svariate campagne di scavi archeologici e di ricerche volte a capire da quando e per quanto tempo l’uomo del Paleolitico occupò quell’antro: le ricerche ne hanno individuato le tracce fino addirittura a 24.000 anni fa! Poi millennio dopo millennio la grotta è stata occupata fino alla fine del Paleolitico Superiore (circa 12.000 anni fa), per tutto il Mesolitico (9.000-6.000 anni fa) e nelle prime fasi del Neolitico (6.000-5.000 anni fa). Col Neolitico, poi, l’uomo cambia totalmente modo di vivere: basta grotte e ripari stagionali, basta solo caccia e raccolta: inizia l’allevamento, poi l’agricoltura e con essa, definitivamente, la costituzione di villaggi e di insediamenti stabili.
Tornando alla grotta e alla visita: la visita guidata si svolge per la maggior parte sotto al riparo, da cui si può ammirare il bos primigenius che da 14.000 anni sta lì tranquillo e pacifico. La visita poi prosegue anche dentro la grotta: nel primo ambiente vediamo le stratigrafie archeologiche portate in luce dalle ricerche tuttora in corso. Nel secondo ambiente, che l’uomo non occupò mai, è la natura a impressionare, con le formazioni calcaree di stalattiti e stalagmiti: per chi ha visitato le Grotte di Frasassi (AN) oppure di Postumia, o ancora di Toirano (SV), magari questa saletta non sarà niente di che: però io trovo bellissimo che anche in piccolo si possano ritrovare quelle formazioni calcaree che hanno reso spettacolari grotte ben più note.
Per approfondire il discorso sulla Grotta del Romito dal punto di vista archeologico segnalo questo link: l’ho scritto io, ma per il mio blog di archeologia “Generazione di archeologi”: La Grotta del Romito a Papasidero.
La Chiesa nella roccia: Santa Maria di Costantinopoli
Lasciamo la grotta paleolitica e raggiungiamo, dopo diverse curve e paesaggi mozzafiato sulle verdi montagne del Pollino, il borgo di Papasidero. Un borgo antico, molto curato, in salita ma non troppo. Viuzze strette (vinelle, le chiamano in Calabria) e la via più larga che conduce al ponte sul fiume Lao. Oltre il ponte ecco lì il Santuario di Santa Maria di Costantinopoli, la cui particolarità è quella di essere costruito interamente contro la parete rocciosa della montagna scoscesa. Il ponte per raggiungere la chiesa è stato ricostruito nel 1904, ma al di sotto dell’arcata si intuisce l’arco del ponte ben più antico, medievale, detto della Rognosa: perché si chiama così? Perché il Santuario di Santa Maria di Costantinopoli durante l’epidemia di peste del Seicento divenne lazzaretto per i malati.
La chiesa nelle sue forme attuali risale proprio al Seicento (una prima chiesa, medievale, fu realizzata dai Monaci Basiliani, responsabili della cristianizzazione del territorio). Sulla parete di fondo, che è direttamente la roccia della montagna, è affrescata la Madonna col Bambino tra santi. A lato dell’altare è posta una statua lignea della Madonna di scuola napoletana settecentesca. La chiesa è tutt’ora meta di devozione e Santa Maria di Costantinopoli è la patrona di Papasidero, insieme a San Rocco, il santo – guarda caso – legato alla peste.
La Cappella di Santa Sofia
Ritorniamo in paese: nel cuore di Papasidero si trova una cappella piccola anzi piccolissima: la Cappella di Santa Sofia. Facile non notarla da fuori, ma è entrando che gli occhi si riempiono di meraviglia: fondata dai Monaci Basiliani tra l’XI e il XIII secolo, la decorazione ad affresco risale al 1504 per quanto riguarda il polittico centrale e ai decenni successivi per quanto riguarda le figure laterali. Al centro della parete di fondo campeggia una Deposizione dalla Croce con Santa Caterina, Santa Lucia e Sant’Apollonia. Seguono poi San Biagio, protettore dei cardatori di lana (mestiere sicuramente molto richiesto a Papasidero, vista la diffusione dell’allevamento di pecore nel territorio) e San Rocco, invocato contro la peste.
Sulla parete laterale destra c’è la Madonna di Costantinopoli, con tanto di modellino del Santuario di Papasidero, mentre sulla sinistra c’è Santa Sofia. Le iconografie rimandano al repertorio artistico bizantino che nel Pollino, a seguito della massiccia emigrazione di genti albanesi, Arbereshe, a partire dalla metà del XV secolo, si era sicuramente diffusa anche presso le comunità rimaste di rito cattolico. Gli affreschi sono semplicemente straordinari, espressivi, freschi, emozionanti.
Un grazie alla signora Maria
Nel centro del paese c’è un piccolo chioschetto che funge da punto informazioni. Da qui partono ciclicamente le visite guidate che conducono a Santa Maria di Costantinopoli e a Santa Sofia. Noi abbiamo avuto la fortuna di imbatterci nella signora Maria, che peraltro ci ha intercettato mentre eravamo sul ponte, indecisi sul da farsi, se telefonare al prete, come è scritto sul sito del Santuario di Papasidero, oppure se lasciar perdere. La Signora Maria, col suo grande cuore e la sua passione ci ha accompagnato, ci ha raccontato, ci ha accolto e aspettato mentre facevamo fotografie. Senza di lei non avremmo mai saputo, probabilmente, nemmeno dell’esistenza di Santa Sofia. Per questo le dico grazie.
Nella speranza che ciò che Maria, con assoluta dedizione e competenza, svolge come volontaria diventi presto un lavoro retribuito per un giovane laureato in Beni Culturali (nel senso più ampio del termine), non posso che essere contenta nell’apprezzare l’impegno del comune di Papasidero nel voler diffondere un messaggio culturale che va oltre e completa l’offerta di attività outdoor per cui quest’angolo del Pollino è noto.















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