Recensione a Lucie Azema, Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione

Ho scoperto Donne in viaggio di Lucie Azema allo stand di Tlon Edizioni a Più libri più liberi, il salone del libro di Roma che si svolge all’inizio di dicembre dentro la Nuvola all’EUR. Mi ha attirato il titolo ovviamente: il tema, quello delle donne viaggiatrici mi appassiona da diverso tempo, sia come filone a se stante della letteratura di viaggio, sia perché sono affascinata da quelle donne che hanno deciso di dedicare la loro vita alla scoperta del mondo fuori dalle quattro mura di casa. Un concetto, questo, che se per noi è naturale, non lo era per le donne ancora fino a buona parte del Novecento.

Non mi ha attirato solo il titolo. Mi ha attirato la copertina: è una mappa, ma una mappa nella quale la terra emersa forma la silhouette di un profilo femminile. L’autrice della copertina è Caterina di Paolo, che di fatto ha rielaborato una mappa davvero esistente e conservata alla New York Public Library.

Di tutti i libri che ho acquistato a Più libri più liberi, dedicati a tematiche di archeologia, di museologia, di viaggi, questo è stato il primo sul quale mi sono fiondata per la lettura. Lettura che mi ha preso, che mi ha appassionato, che mi ha fatto riflettere, che mi ha dato spunti per nuovi, futuri approfondimenti.

Donne in viaggio di Lucie Azema: (non esattamente, non soltanto) un manifesto femminista

Nel corso degli anni ho letto diversi libri e articoli relativi al tema del viaggio al femminile o ai cosiddetti gender studies applicati alle autrici di racconti di viaggio. Mai mi ero imbattuta però in un’analisi così fortemente intrisa di valori femministi e di disvalori, al contrario, nell’enunciazione di quelle pratiche proprie del patriarcato di cui il nostro quotidiano vivere è talmente intriso da risultare naturali. Tanto che, lo ammetto, in qualche occasione mi sono trovata a pensare “vabbè, però dai, mi pare esagerato!”. Tuttavia, ciò che pare esagerato per me non lo è né per molte viaggiatrici del passato (ma anche del presente) né per la stessa autrice, la quale fa sentire molto la propria presenza tra le pagine. Di fatto, possiamo intendere questo libro come una lunga lunghissima riflessione e ricerca. a seguito di quella riflessione, sulla condizione delle donne in viaggio: i pregiudizi, le difficoltà dovute non a fattori oggettivi (come potrebbero essere il freddo, la fatica fisica, le difficoltà economiche) ma a fattori contingenti imposti (l’idea che la società si fa e si è sempre fatta delle donne sole in viaggio).

La Azema non affronta solo il tema del viaggio in solitaria in terra straniera, ostile, esotica, lontana ecc. ecc. ma affronta temi di un’attualità disarmante e sconvolgente: per esempio, donne che non sono libere di percorrere le strade della propria città di notte. Donne che non sono sicure neanche nel quartiere fuori casa. Donne che hanno il senso di colpa di varcare un confine posto da se stesse perché imposto dal patriarcato. Donne che in fondo “se la sono cercata” se qualcosa va storto (per colpa di un uomo, peraltro).

Io non mi professo particolarmente femminista, non militante quantomeno. Ma nelle pagine della Azema ho letto concetti, affermazioni, esempi letterari e non che davvero fanno rendere conto di quanto ancora siamo lontani dall’emancipazione femminile e dalla caduta di ogni pregiudizio. Quello della libertà di viaggiare è solo uno tra i tanti temi, ma comunque esemplare. Il solo atto paternalistico del dirci come comportarci (in viaggio o in qualunque azione della vita), il cosiddetto mansplaining, emerge con forza da queste pagine. Emergono però altri elementi, questa volta tipicamente femminili, che vengono solitamente taciuti per pudore: avete mai notato, se avete letto racconti di viaggio scritti da donne, che non si fa mai menzione delle mestruazioni? Eppure le donne in età fertile le hanno eccome, tutti i mesi, puntuali (più o meno) come le tasse, pronte a dirci che siamo ancora in grado di fare figli, a renderci consapevoli che siamo ancora giovani (e vi assicuro, quando si appressa la premenopausa anche chi odiava le mestruazioni comincia ad aggrapparsi ad esse per non sentirsi invecchiare). Ma le mestruazioni sono, diciamocelo pure, un ostacolo, spesso e volentieri. Che sia dover ricorrere all’assorbente o affini, che sia il dolore che, quand’è forte si irradia a un malessere generale di tutto il corpo, nei racconti di viaggio al femminile più lunghi di un mese, non compare mai nessun accenno. Pudore? Sicuramente, soprattutto se si spera che il proprio pubblico sia anche maschile oltre che femminile.

Comunque basta, sto divagando. Torniamo a Donne in viaggio di Lucie Azema.

Donne in viaggio di Lucie Azema: un saggio autobiografico (ma non troppo)

Ho riscontrato anche in Donne in viaggio di Lucie Azema, così come avevo riscontrato in Le donne a cui penso di notte di Mia Kankimaki l’adozione di un genere letterario ibrido. Qui infatti siamo in presenza di un saggio femminista, di un esempio di gender studies sul tema della letteratura di viaggio al femminile, di un accenno di autobiografia. Sì, perché è l’elemento autobiografico che spinge l’autrice – francese di nascita, che ha vissuto per diverso tempo in Iran, poi in India – a interrogarsi sul tema del viaggio al femminile.

Il taglio che Lucie Azema dà è diacronico: non solo viaggi di donne del passato, non solo viaggi di donne divenute iconiche, ma anche viaggi di donne contemporanee. Azema è una giornalista, d’altronde, quindi il suo lavoro parte dalla contemporaneità per poi eventualmente risalire indietro nel tempo, alla ricerca della radice di certi comportamenti. Ci sono infatti dei tratti comuni, sia che si parli di viaggi di donne dell’Ottocento, sia che si parli di donne che viaggiano oggi. Dei viaggi delle donne la Azema pone sempre alcuni temi: la determinazione della donna in viaggio di turno – e in questo senso Alexandra David-Néel è una fonte continua di ispirazione – il pregiudizio maschile nei confronti della donna che affronta un tale pericolo (e allora Azema si interroga su come possa essere più pericoloso per una donna passeggiare per la strada di una città straniera piuttosto che passeggiare nella propria città: i rischi, gli incidenti, le aggressioni, possono avvenire sia sotto casa che a migliaia di km, non è certo il viaggio a essere pericoloso.

Alexandra David-Néel. Fonte: Alexandra-david-neel.com

Donne in viaggio di Lucie Azema: senza peli sulla lingua, quando serve

Non si fa problemi, la Azema, a parlare di turismo sessuale e di immaginario maschile nei confronti delle donne, soprattutto esotiche. A questo tema, il turismo sessuale (in ogni tempo) e alla decolonizzazione dei luoghi, sono dedicate diverse pagine molto interessanti.

Per quanto riguarda il turismo sessuale e l’immaginario sotteso ad esso, la Azema risale addirittura a opere come La grande Odalisca del pittore francese Jean-Auguste-Dominique Ingres o, peggio, alle tahitiane dipinte da Gauguin, che a Tahiti aveva eletto la sua dimora, trovando qui non solo l’ispirazione per dipingere, ma anche donne – e poco più che bambine – da sfruttare sessualmente. Il tema del viaggio a sfondo sessuale si trasferisce nella contemporaneità, in Thailandia e negli altri paesi dell’estremo oriente tropicale, passando per Pierre Loti e per le esperienze biografiche, tutt’altro che edificanti, che fanno da sfondo alla scrittura del suo romanzo Aziyadé, ambientato in un harem turco. La condanna di queste pratiche è palpabile, soprattutto nell’accusa a quei governi che fanno sì che ciò accada, consapevoli che molto degli introiti nelle casse dello Stato è dovuto al turismo – e allo sfruttamento – sessuale.

La Grande Odalisca di Ingres, Musée du Louvre

Da qui a parlare di decolonizzazione dei luoghi il passo è breve. Decolonizzare i luoghi significa anche ascoltare quelle voci fuori dal coro – perché appartenenti a una cultura diversa da quella occidentale – attraverso i cui racconti però si scopre qualcosa di più su noi stessi, ovvero come l’Occidente è percepito dalle altre culture. Un esempio è L’Oceano in un guscio d’ostrica, antologia nella quale sono raccolte testimonianze di viaggiatori cinesi nell’Europa dell’Ottocento. Occorre smettere di porre la visione occidentale del mondo al centro. La visione occidentale pone ogni altro luogo del mondo sotto la propria influenza e di conseguenza ne tarpa le ali in quanto territorio indipendente. La vera sfida è riuscire a leggere i territori in maniera indipendente o meglio attraverso gli occhi di chi tradizionalmente li abita.

Una ricchissima bibliografia

A corredo del testo vi è una ricchissima bibliografia accompagnata dalle note a piè di pagina. Naturalmente Lucie Azema, in quanto francese, ricorre per la maggior parte a bibliografia in lingua francese. Eppure è proprio questo che mi ha colpito: la copiosa produzione in lingua francese di studi di genere, calati anche nel contesto della letteratura o dell’avventura di viaggio. Una produzione saggistica che in Italia è ancora decisamente embrionale. In bibliografia compaiono titoli che promettono contenuti davvero interessanti. Indubbiamente il lavoro di Lucie Azema, lungi dall’essere un pamphlet femminista, è uno studio molto documentato, nel quale confluiscono diversi filoni che da soli varrebbero pagine e pagine di approfondimento. Un lavoro ben scritto, dunque, ben documentato, un lavoro che mostra la grande maturità della giornalista Lucie Azema la quale mette sullo stesso piatto l’esperienza personale e il ricordo familiare con le esperienze di donne a lei contemporanee e con le donne del passato, tracciando sempre una netta linea di confine tra ciò che fanno le donne, nonostante tutto, e ciò che fanno gli uomini nei loro confronti, spesso inconsapevolmente, spesso con quel pesante paternalismo che oggi, lo possiamo dire con fermezza, a noi donne sta un po’ stretto.

Lettura consigliata (anche ai maschi)!

5 pensieri riguardo “Recensione a Lucie Azema, Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione

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  1. Me lo devi prestare! Avevo sentito parlare di questo libro durante un incontro al quale partecipò l’autrice e mi era sembrato interessante, soprattutto perchè mi hanno sempre affascinato le figure delle donne viaggiatrici del passato.

    1. è un libro che apre davvero infiniti spunti di riflessione, non solo sulle viaggiatrici del passato, ma su questioni di genere nelle quali siamo immerse fino al collo ogni giorno senza nemmeno accorgercene

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