In principio era un santuario. Un santuario che accoglieva fedeli da ogni parte del Lazio, Latini, Sabini, Falisci, Etruschi, intorno al quale sorse un primo nucleo abitativo.
Poi, dopo l’inevitabile conquista romana, divenne una città a tutti gli effetti. Il santuario subì diverse traversìe, prima fra tutte il saccheggio da parte di Annibale, poi la distruzione da parte di Lucio Cornelio Silla, infine la ricostruzione della città dapprima come colonia sotto Giulio Cesare alla metà del I secolo a.C. e poi la monumentalizzazione e l’ampliamento sotto Ottaviano Augusto, alla finedel I secolo a.C.
Insomma, Lucus Feroniae ha diverse storie da raccontare.
Si trova nel comune di Capena, all’ingresso di Roma Nord, per chi ne viene dall’autostrada, la A1. Superato il casello di Roma Nord si esce a Fiano Romano. Da qui pochi minuti di auto e si giunge all’Antiquarium di Lucus Feroniae, anteprima della visita all’area archeologica della città. La visita poi, si completa con la Villa dei Volusii, accessibile anche dall’Autogrill di Fiano Romano, e che fu una bella e grande residenza privata appartenuta alla famiglia dei Volusii, influente famiglia senatoriale nella Roma della prima età imperiale. Ma ci arriveremo dopo. Intanto scopriamo Lucus Feroniae.
Lucus Feroniae: scoprire la storia della città visitando l’Antiquarium
L’Antiquarium racconta, sala dopo sala, vetrina dopo vetrina, lo sviluppo di Lucus Feroniae, da santuario a città.
Lucus in latino vuol dire bosco sacro. Feronia è la dea cui questo bosco sacro è dedicato. Un bosco accanto al quale sorge un santuario e presso il quale si teneva un mercato che accoglieva genti delle diverse etnie insediate nel Lazio all’epoca.
Ma chi era Feronia? Divinità italica, era protettrice delle messi e dei boschi, o meglio, dea invocata nell’atto della trasformazione delle terre da incolte a coltivate, celebrata dai malati e dagli schivi liberati. In età romana divenne la divinità principale delle liberte, cioè le schiave liberate. Il suo culto era importante, tanto che uno dei templi di Largo Argentina, il Tempio C, di IV-III secolo a.C., era dedicato proprio a Feronia.
Le offerte votive, donate nel santuario dai fedeli, rimontano indietro nel tempo almeno al VI secolo a.C.: si tratta di piccole statuette di bronzo, databili tra la metà del VI e il V secolo a.C. che raffigurano àuguri, cioè sacerdoti esperti in divinazione, e quindi nel volo degli uccelli, o nella lettura delle sortes, i vaticini resi dalla divinità: questi si riconoscono tra le altre figurine perché tengono in mano un bastone ricurvo: il lituus. Le altre figurine rappresentano donne e uomini offerenti, cioè con il braccio destro portato in avanti a reggere una patera, cioè una coppa per le libagioni, o altro recipiente o offerta. Erano offerte anche vesti, di cui sono giunte fino a noi le belle fibule in bronzo che tenevano su le tuniche delle donne. E poi naturalmente erano offerti gioielli, come anelli, bracciali, collane. E poi ecco vasetti per unguenti e portaprofumi di produzione etrusca o etrusco-corinzia. Infine, non possono mancare offerte che rimandano al banchetto rituale. E quindi ritroviamo elementi che decoravano grandi calderoni, ciste e secchi, come un’elegante figurina di cervo che si data addirittura al VII secolo a.C.
Dall’analisi delle provenienze dei singoli oggetti donati dai fedeli, si intuisce che Lucus Feroniae era un santuario che aveva valenza ben oltre lo stretto areale geografico che potremmo pensare. Un po’, con le opportune differenze, e mi si perdonerà il paragone, come San Giovanni Rotondo oggi: tra i votivi, infatti, vanno citate anche certe teste in terracotta, in molti casi sono di fattura non pregevole, prodotti localmente per i fedeli che volevano fare donazioni dell’ultimo minuto, proprio come avviene oggi in certi santuari in cui ci sono negozietti di souvenir di gubbio guto che vendono rosari di plastica per chi volesse recitarsi un rosario sulla tomba del santo. La devozione, in ogni temp(i)o e luogo, è sempre occasione di business. E lo dico da cattolica a suo tempo praticante.
Ma basta parlare di offerte. Passiamo al santuario nel quale esse erano dedicate.
La notorietà del santuario doveva essere piuttosto diffusa se nel 211 a.C. Annibale, durante la sua discesa in Italia, lo saccheggiò. In ogni caso negli anni 130-110 a.C. il tempio principale del santuario fu ricostruito, grazie alla munificenza del pretore Gneo Egnatio. Di questo tempio oggi sopravvive ben poco: le fondazioni in blocchi di tufo, e vari blocchi ed elementi architettonici in travertino che potremo vedere nell’area archeologica, sul luogo del rinvenimento. Il tempio aveva 8 colonne in facciata, quindi dobbiamo pensare a un edificio di grandi dimensioni. Questo edificio non ebbe lunga vita. Lucus Feroniae ebbe la sventura di sostenere la rivolta dei Socii italici durante la Guerra sociale dell’89-88 a.C. La Guerra Sociale fu una grandissima rivolta civile, la prima su grande scala che Roma dovette affrontare sul suo territorio, provocata dai Socii, cioè dagli alleati, territori formalmente non romani, ma di fatto a tutti gli effetti romanizzati, che lamentavano di essere considerati di serie B rispetto ai cittadini romani, quanto a diritti e pressione fiscale. La rivolta scoppiò all’inizio del I secolo a.C. sotto Lucio Cornelio Silla, il quale non era esattamente uno tenero con cui trattare. E infatti la vendetta e le ritorsioni dopo la sconfitta dei Socii italici non si fece attendere. Silla con meticolosa attenzione si era annotato tutti i luoghi che si erano schierati contro Roma, quindi contro di lui, e tra di essi c’era Lucus Feroniae. La sacralità del luogo non lo sfiorò minimamente. Distrusse il tempio e cambiò persino destinazione del luogo di culto: non più Feronia, ma Salus.
Sull’antico santuario Silla fa installare una colonia, il vecchio santuario con tempio e piazzale sacro è sostituito da un nuovo tempio alla dea Salus e dalla piazza del foro della nuova città. Città che solo con Giulio Cesare nel 59 a.C. diviene Colonia Julia Felix Lucus Feroniae, con lo stanziamento dei veterani che lo avevano seguito nelle sue imprese militari.
Poco dopo il 12 a.C. il figlio adottivo di Cesare, Ottaviano, nel frattempo divenuto Augusto, primo imperatore dell’Impero Romano, dona alla comunità di Lucus Feroniae un sacello del Genius Coloniae. È il punto di inizio di una revisione urbanistica e architettonica dell’area del foro sotto il controllo della famiglia dei Volusii Saturnini, che hanno soppiantato gli Egnatii già pesantemente provati dalle ritorsioni di Silla e mai riabilitati nel corso dell’ultimo secolo di Repubblica.
La cosa interessante, nel nuovo assetto urbano di età augustea – ma anche precedente, se vogliamo – è che il sito su cui sorgeva l’antico tempio-santuario rimane uno spazio aperto, dismesso e inedificato, ma che mantiene la memoria del luogo.
Il Capitolium, notoriamente il tempio principale nelle città romane, è monumentalizzato e tutta la piazza viene ancora ulteriormente arricchita sotto Tiberio dall’inserimento del Templum Divi Augusti. Viene realizzato l’anfiteatro, a pianta circolare, decisamente unico nel suo genere, e poi si pensa al settore residenziale e abitativo.
Ma per farlo, scendiamo in città.
Visita all’area archeologica di Lucus Feroniae
Lasciando l’Antiquarium, un’antica via basolata, la via Tiberina ci porta direttamente alle spalle della piazza del Foro. Oggi rimane ahimè molto poco di ciò che vi era nel I secolo d.C.: un ingresso monumentale a sud; il Capitolium che comprende il tempio della dea Salus, il sacello degli Augustales, che è l’evoluzione di quel Genius Coloniae donato da Augusto nel 12 a.C., un quadriportico, forse la basilica e il Templum Divi Augusti. Vi era poi la sede dei Duoviri, i magistrati cittadini, taberne e una via lastricata. Forse nel mezzo della piazza forense era una statua equestre di Augusto: si conserva il basamento.
Si può accedere sia alla basilica che all’Augusteo, cioè il sacello degli Augustali. La Basilica è un edificio su alto basamento quadrangolare, con un cortile porticato che reimpiega nella sua costruzione materiali edilizi precedenti, tra cui anche un’iscrizione dedicatoria di un Egnatius, appartenente alla famiglia degli Egnatii che ebbero sfortuna sotto Silla ed evidentemente non riguadagnarono posizioni nei periodi successivi.
L’Augusteo, invece, non porta in alcun modo il nome degli Egnatii, ma solo quello dei Volusii Saturnini, in particolare di Lucio, console nel 12 a.C. e nel 3 d.C., console dunque accanto all‘imperatore. Proseguiamo la visita della città, lasciandoci alle spalle i luoghi del potere. Incontriamo alcune taberne e domus dai bei pavimenti a mosaico o in piastrelle esagonali. Sembra di stare nella mia cameretta da bambina: non sto scherzando: anche il pavimento della mia camera aveva mattonelle esagonali. Quelle di Lucus Feroniae sono però in marmo e il loro posizionamento intarsiato ad altri marmi policromi, ne fa un pavimento davvero elegante. I pavimenti a mosaico delle domus di Lucus Feroniae invece sono a soggetto geometrico o con eleganti girali vegetali.
Uno degli edifici più interessanti è quello delle terme, che vantano una storia antica e duratura, visto chene V secolo d.C. vi si impiantò una piccola chiesa. Anche quest’impianto termale ha diversi ambienti pavimentati a mosaico.
Poco distante, c’è l’anfiteatro. E siamo tutti abituati agli anfiteatri dalla canonica pianta ellittica. Qui invece abbiamo un anfiteatro a pianta perfettamente circolare. Il motivo non è chiaro. Ma la sua costruzione risale a un periodo in cui gli anfiteatri erano ancora innalzati in legno, per cui non esisteva una pianta canonica. Inoltre, anche la necessità di sfruttare l’orografia presente può aver giocato un ruolo. Così a Lucus Feroniae ci troviamo davanti a un anfiteatro circolare, esemplare più unico che raro.
Infine, si esce dalla città scavata passando accanto a ciò che resta del grande tempio costruito da Gneo Egnatio nel 130 a.C. e che a sua volta monumentalizzava un santuario preesistente. Santuario che fu talmente odiato da Silla da distruggerlo e che evidentemente non fu riabilitato da nessuno dei suoi successori, nemmeno quando la Fortuna di Silla girò. Ma che, evidentemente, in quanto luogo sacro, non fu mai coperto da successive costruzioni. Restano solo poche decorazioni architettoniche, qualche rocchio di colonna e qualche capitello corinzio piuttosto antico, a ricordare quell’antico luogo di culto che fu sottomesso alle istanze guerriere della ragion di stato romana.
La visita alla città romana di Lucus Feroniae termina qui, ma, superando un ponte, si arriva nel suburbio di Lucus Feroniae per visitare la ricca Villa dei Volusii, la residenza fuori Roma di una famigia di rango senatoriale che fu piuttosto influente sotto il principato di Augusto. La cosa interessante è che questa villa apparteneva già alla famiglia degli Egnatii, caduta in disgrazia già sotto Silla. La villa era una villa rustica, cioè una sorta di grande fondo agricolo destinato alla produzione di olio, vino, culture varie, nonché all’allevamento di animali. Quella che oggi si visita è la zona residenziale di un insediamento che dobbiamo invece immaginare piuttosto esteso.
La villa residenziale ha almeno due fasi: una prima articolata intorno a un atrio con impluvium, cioè con vasca centrale a un piccolo cortile, per la raccolta delle acque piovane, cui va aggiunta una seconda fase di ampliamento che vede l’aggiunta di un grande peristilio, cioè di un cortile colonnato sui lati, sul quale si aprivano vari ambienti tra cui, ben riconoscibile, un larario, cioè un piccolo ambiente di culto dedicato alle divinità protettrici della casa e degli antenati.
La Villa dei Volusi è raggiungibile anche direttamente dal grande autogrill posto in corrispondenza dell’uscita per Fiano Romano: una valida alternativa per una sosta durante un lungo tragitto, per ricaricare le pile vedendo qualcosa di nuovo, anzi di antico.
Insomma, Roma è Roma, e siamo tutti d’accordo. Ma l’Italia è costellata di siti archeologici corrispondenti a città romane più o meno estese, ma sempre e comunque affascinanti. Lucus Feroniae è un’interessante tappa lungo il percorso che porta a Roma o che, magari, allontana da essa per tornare verso casa. Vale la pena di sostare qui e di visitare questo luogo ricco di storia, sospeso nel tempo.



















