Grandi viaggi della storia: l’avventura dell’Endurance

La recentissima individuazione sotto i ghiacci del Polo Sud del relitto dell’Endurance mi ha fatto venire voglia di approfondire l’argomento. Conoscevo per sommi capi la vicenda e so quanto l’esplorazione dei mari alla ricerca di relitti più o meno antichi e più o meno noti del passato sia affascinante.

Fotografie del ritrovamento dell’Endurance, scattate negli scorsi giorni – credits: Falklands Maritime Heritage Trust

L’Endurance e il suo capitano, Ernest Shackelton

L’Endurance era una nave baleniera allestita a goletta a tre alberi, motore a vapore alimentato a olio combustibile e carbone, lunga 44 m e larga 7,5, della stazza di 350 tonnellate: una nave perfettamente in grado di compiere una spedizione geografica ed esplorativa, come altre ne erano state fatte all’epoca.

E’ il 1914 quando Ernest Shackelton a Buenos Aires, punto di partenza della spedizione, mette l’annuncio:

“Cercasi uomini per viaggio rischioso: salario basso, lunghi mesi di buio, continui pericoli, ritorno non garantito. Onori e riconoscimenti in caso di successo.”

Sarà stata l’ultima frase ma gli arrivarono cinquemila domande di adesione, tra le quali scelse 28 persone, il futuro equipaggio dell’Endurance. O forse fu la fama che lo precedeva. Sì perché Shackelton aveva già condotto due esplorazioni nel Polo Sud sempre andate a buon fine. Soprattutto la fama gli derivava dal libro di un altro grandissimo esploratore, Roald Amundsen che nel 1912 aveva pubblicato “Il Polo Sud”, dedicando ben 34 pagine a Shackelton.

Ma quindi chi è Ernest Shackelton?

Irlandese di nascita, affascinato fin da ragazzo da racconti come Ventimila Leghe sotto i mari di Jules Verne e dalle storie di naufragi, coltiva il sogno di imbarcarsi. Quando finisce gli studi si fa assumere da una compagnia di navigazione per entrare nella marina mercantile. Il suo primo incarico fu quello di mozzo sulla Hoghton Tower, un clipper a tre alberi, vele quadrate e senza motore a vapore. Era semplicemente entusiasta, nonostante la fatica della vita per mare, da Liverpool fino Valparaìso, doppiando Capo Horn, attraverso tutto l’Atlantico. Il battello incappò in tremende burrasche, ma il giovane mozzo non si fece abbattere e anzi confermò la sua volontà di fare del mare il suo futuro. Diventa comandante a 24 anni, giovanissimo: da questo momento può condurre qualsiasi nave inglese in qualsiasi parte del mondo. E’ il 1898.

Ernest Shackleton

L’occasione che gli cambia ulteriormente la vita facendogli intraprendere la via delle esplorazioni geografiche è entrare a far parte nel 1901 dello staff della Discovery, nave finanziata dalla British Royal Navy con il compito di esplorare il Polo Sud, ancora mai raggiunto da alcuna altra potenza straniera, per acquisirlo alla Corona Britannica. La sua prima impresa polare è però un fallimento. La nuova occasione gli si presenta con il progetto di una British Antarctic Expedition che gli viene finanziata. La nave con cui affronterà l’impresa, nel 1908, si chiama Nimrod. Lo scopo dell’impresa, piantare la bandiera britannica sul suolo del Polo Sud all’88° parallelo, the farthest Sud, viene raggiunto. Ernest Shackelton raggiunge la notorietà a lungo agognata. Pochi anni dopo è pronto a ripetere l’impresa.

La spedizione al Polo Sud dell’Endurance

L’Endurance salpa da Buenos Aires con i suoi 28 uomini di equipaggio e 69 cani da slitta il 26 ottobre del 1914. Venti di guerra si addensano sull’Europa, mentre Shackelton si appresta a compiere una grande impresa dall’altra parte del mondo.

La prima tappa del viaggio è il porto di Grytviken, che è una base per la pesca alle balene. Qui Shackelton e i suoi apprendono che il Mare di Weddel, nel quale l’Endurance si dovrebbe avventurare, è pericoloso da navigare in quelle settimane. Bisogna attendere il 5 dicembre perché la nave possa salpare verso Sud. Incontrano il Pack, ovvero grossi strati di ghiaccio che staccandosi dalla banchisa vagano per mare rendendo pericolosa la navigazione. E il ghiaccio aumenta e aumenta, man mano che si spingono a sud. Fino a che l’Endurance non rimane letteralmente intrappolata. Il 24 febbraio segna il giorno in cui l’Equipaggio dell’Endurance smette di navigare e attende, invano, per mesi che il pack si sciolga liberando la nave. Ma accade l’opposto, perché l’Endurance comincia a subire la pressione del ghiaccio, si inclina, poi sembra liberarsi, poi si inclina nuovamente. Infine cede, esattamente un anno dopo l’inizio del viaggio, il 27 ottobre 1915. E lentamente affonda.

Fotografie del ritrovamento dell’Endurance, scattate negli scorsi giorni – credits: Falklands Maritime Heritage Trust

Fortunatamente Shackleton aveva fatto scaricare le scialuppe e le slitte prima che succedesse l’inevitabile: d’ora in avanti esse sono l’unica speranza di tornare a casa, sani e salvi. Inizia quindi il lungo viaggio a piedi attraverso il pack, mentre sta tornando la bella stagione che, paradossalmente, per loro è più pericolosa perché con le temperature alte (si fa per dire, qualche grado sotto lo zero) gli strati di ghiaccio più sottile si spaccano, mettendo in pericolo l’equipaggio. Ormai si trovano alla mercé del pack, che li trasporta alla deriva verso nord. Il che è un vantaggio, perché li avvicina considerevolmente a isole da cui sarà più facile ripartire verso casa. L’aprile dell’anno successivo, il pack alla deriva li ha portati in vista di Elephant Island ed è qui che si dirigono con le scialuppe, avendo ormai capito che il ghiaccio si sta sciogliendo sotto i loro piedi. La raggiungono, non senza rischi, il 15 aprile: finalmente sulla terraferma, dopo 16 mesi di mare e di ghiaccio.

Elephant Island oggi. Credits: wikimedia Commons

Ora è il momento di cercare aiuto per salvare i naufraghi. Shackleton si imbarca su una delle scialuppe con 6 uomini, per tornare a Grytviken, la prima tappa del loro viaggio a cercare aiuto, mentre il resto dell’equipaggio resta sull’isola, potendosi procacciare per cibo leoni marini e pinguini. Il viaggio che Shackleton affronta ora è segnato da onde gelide e dal mare agitato, da burrasche, dalla mancanza di acqua dolce e di conseguenza dalla disidratazione. Infine (mai una gioia, verrebbe da dire) quando finalmente raggiungono la costa si para davanti a loro solo una scogliera insormontabile, col rischio di andarsi a schiantare. Ma la fortuna aiuta gli audaci. E finalmente sbarcano. Vicino a un ruscello, al quale si abbeverano senza indugio. Peccato che siano approdati sulla parte opposta dell’isola rispetto a Grytviken, pertanto qualcuno si deve mettere in marcia a piedi per andare a cercare aiuto. Naturalmente Shackleton parte, con un altro della piccola spedizione. Camminano, sfidando il ghiaccio, la nebbia che toglie visibilità, la fatica dopo mesi di privazioni. Ma finalmente arrivano al porto.

Grytviken oggi, la base per la caccia alle balene. Credits: Darktourists.com

Da qui iniziano le operazioni di salvataggio, dapprima degli altri uomini arrivati con la scialuppa sull’isola, poi degli altri rimasti a Elephant Island in attesa. Sarà un vapore rompighiaccio messo a disposizione dal governo cileno a raggiungere il 30 agosto l’isola dei naufraghi imbarcando tutti i 22 uomini dell’Endurance.

Ernest Shackelton aveva perso la nave, ma aveva portato a casa sani e salvi tutti i suoi uomini.

L’impresa geografica era fallita, ma il mito del naufragio dal quale sono tornati tutti sani e salvi ha reso quella dell’Endurance un’impresa indimenticabile, che molta eco ebbe in madrepatria, anche se ricevette ben pochi riconoscimenti. Shackelton ripartì nel 1922 per riprovare l’impresa. Ma un infarto lo stroncò a 48 anni, giovanissimo, a Grytviken.

Il ritrovamento dell’Endurance

La notizia è di questi giorni, pertanto sui vari giornali online leggerete informazioni ben più approfondite di quelle che posso darvi io.

La cosa interessante è che la nostra passione per le esplorazioni geografiche non si è ancora spenta, neanche oggi che conosciamo qualunque parte del mondo. D’altronde il mondo sommerso è ancora in parte da esplorare e quello dell’Antartide a maggior ragione, per via delle condizioni proibitive che già Shackleton aveva sperimentato sulla propria pelle: il ghiaccio che tutto governa e che si comporta in modo del tutto imprevedibile. Realizzare ricerche subacquee in quelle aree è ancora oggi molto pericoloso, sia per gli uomini che per le strumentazioni sempre più tecnologiche, e costose, che si impiegano.

Fotografie del ritrovamento dell’Endurance, scattate negli scorsi giorni – credits: Falklands Maritime Heritage Trust

D’altra parte l’altra nostra grande passione, ovvero la “caccia al tesoro“, ci spinge a cercare cose, come può essere il relitto dell’Endurance, di cui si sono perse le tracce e non si conosce con precisione il luogo dell’affondamento. Allora ricerca geografica, subacquea e archeologica si fondono e nel caso dell’Endurance la scoperta contribuirà a conoscere ancora meglio le dinamiche dell’affondamento, già ben raccontate da Shackleton nel suo “South: the story of Shakleton’s last Expedition 1914-1917“.

BIBLIOGRAFIA

Per scrivere questo post mi sono affidata al libro Shackleton e l’avventura dell’Endurance, di Ettore Mazzotti, che fa parte della collana Grandi imprese della storia pubblicata da Il Corriere della Sera nei mesi scorsi.

6 pensieri riguardo “Grandi viaggi della storia: l’avventura dell’Endurance

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  1. ma che storia affascinante. Mi piacciono molto le avventure di questi esploratori che con mezzi non certo all’avanguardia e tanto tanto coraggio affrontavano le sfide della natura per scoprire il mondo. Un eroe romantico il tuo Shackelton davvero da ammirare

  2. ma che storia bellissima. Dovrei leggerla insieme a mia figlia. Queste antiche prodezze sono un’ottimo modo per passare alle nuove generazioni la voglia di scoprire e comprendere il viaggio. In tutte le sue sfumature.

  3. Che storia!
    Shackelton re del Mai una Gioia ma anche un vero campione nel non darsi per vinto!!
    Incredibile che siano riusciti ad uscirne tutti vivi…

  4. Ho sentito del suo ritrovamento ma non conoscevo la sua storia. Incredibile che con quell’annuncio abbia ricevuto così tante domande! Erano proprio altri tempi!

  5. Il ritrovamento dell’Endurance è stata una bella scoperta. Una nave del 1914 in ottime condizioni non è una cosa da poco. Sapevo che all’epoca si imbarcarono per quest’avventura da esploratori e che poi è affondata la nave, ma non conoscevo tutta la storia. Davvero un articolo molto interessante!

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