Itinerari culturali nelle Marche: visitare Sassoferrato

Sono legata a Sassoferrato da 20 anni esatti. Nel 2002, giovine studentessa universitaria piena di tante belle speranze, mi ritrovai per l’intero mese di settembre a scavare (studiavo archeologia, come del resto sa chi segue questo blog: io sono archeologa) nella città romana di Sentinum. Sentinum si trova appena fuori dal paese di Sassoferrato. Sassoferrato a sua volta si sviluppa in due porzioni, una di fondovalle, più moderna (ma non troppo) e una rocca più antica, corrispondente al nucleo medievale e rinascimentale.

Sono tornata a Sassoferrato qualche mese fa. La ricorrenza dei 20 anni dall’inizio degli scavi è stata la molla che mi ha fatto scattare il voler tornare qui; inoltre ho seguito con grande apprensione la recente alluvione che ha colpito il paese.

In questo post vi racconto Sassoferrato, dal suo passato più antico – quand’era una città romana lungo il fiume Sentino, all’età tardomedievale quando in cima al borgo viene costruita la Rocca di Albornoz, passando per l’età medievale, cui risale l’Abbazia di Santa Croce dei Conti.

In mezzo magari ci metterò qualche mio ricordo personale legato a quei dieci mesi di settembre della mia vita che ho trascorso, lavorando, a Sassoferrato.

La Collegiata di San Pietro vista dalla Rocca di Albornoz

Prima di Sassoferrato: la città romana di Sentinum

Prima di raggiungere Sassoferrato, provenendo da Fabriano, si incontra la città romana di Sentinum. Essa è stata scavata per buona parte della sua estensione dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni Duemila (quando scavavo io), ma solo una parte è stata resa fruibile al pubblico: si tratta di due aree archeologiche separate dalla strada provinciale che conduce a Sassoferrato, ma collegate e visitabili (su prenotazione sul sito di SassoferratoTurismo): un’area è relativa alle cosiddette Terme Extraurbane, perché costruite fuori dalle antiche mura cittadine, e che spiccano per le grandi colonne che sono state reinnalzate in fase di restauri, nonché per le tettoie che proteggono le strutture più delicate.

Anche nell’altra area archeologica è stato rinvenuto un impianto termale, ma questa volta siamo all’interno delle mura e anzi, le terme, chiamate con grande fantasia Terme Urbane, affacciano su uno dei cardini – ovvero le strade con andamento nord-sud – della città romana. Nonostante si conservino ben poche strutture in elevato, di queste terme si riconosce bene l’ambiente del calidarium, indiziato da tutta una serie di pilastrini in mattonelle di laterizi disposti a distanza regolare e chiamati suspensurae perché avevano la funzione di sopraelevare il pavimento della piscina soprastante, mentre tra le intercapedini passava l’aria calda che riscaldava l’acqua della piscina.

Area archeologica di Sentinum: in primo piano il calidarium delle Terme Urbane: si vedono i pilastrini delle suspensurae

Come dicevo prima, la città è stata scavata negli anni passati per ulteriori ampi tratti che però non sono stati musealizzati. Anzi, e lo dico con un certo dispiacere, è praticamente scomparso persino il cardine massimo lungo il quale per 10 anni ho concentrato i miei sforzi: la mia tesi di dottorato era infatti dedicata all’interpretazione e allo studio degli edifici gravitanti sull’incrocio tra cardine massimo e decumano massimo: due templi nel quadrante nord-ovest e una fontana monumentale nel quadrante sud-est, mentre nel quadrante sud-ovest erano emerse quattro basi per probabili altrettante statue.

Di tutto ciò oggi non si vede più nulla, ma per fortuna ne ho parlato nell’unico libro che io abbia finora mai scritto e pubblicato: Sentinum 2: l’area sacra: si tratta di una pubblicazione scientifica, tutt’altro che divulgativa. Ma non escludo che magari prossimamente dedicherò un Loquis all’argomento.

Questa non è la sede per raccontare quegli scavi, per cui direi che possiamo proseguire nel nostro itinerario culturale a Sassoferrato.

Santa Croce dei Conti

L’Abbazia di Santa Croce dei Conti è un gioiello di architettura romanica. Risale al XII secolo e la chiesa rispecchia la stessa pianta a croce greca che ha un’altra chiesa romanica del territorio: San Vittore alle Chiuse nella Gola di Frasassi, a pochissima distanza dalle grotte.

La particolarità di Santa Croce, è che fu fatta costruire dai Conti Atti, feudatari del territorio, nel XII secolo con l’impiego di materiali edilizi e architettonici provenienti dalla vicina Sentinum ormai in abbandono da diversi secoli: la città romana fu abbandonata progressivamente verso il V-VI secolo, come molte città romane delle Marche e in generale d’Italia e divenne pian piano fonte di approvvigionamento di materiale da costruzione, una vera e propria cava a cielo aperto. Le spoliazioni furono davvero intense e organizzate: proprio lo scavo nell’area sacra di Sentinum ha rivelato la presenza di un vero e proprio cantiere di distruzione e di spoliazione ed è proprio a questo cantiere, che dobbiamo immaginare esteso su tutta la città, se le murature di tutti gli edifici, anche e soprattutto di quelli più monumentali, sono ridotte a poco più di due filari sopra il livello dei pavimenti e delle fondazioni.

L’Abbazia di Santa Croce

Ok, la smetto di fare l’archeologa, mi sono fatta prendere la mano. Torniamo a noi.

Santa Croce si trova a mezza costa sul monte Santa Croce, circondata da grandi alberi che le conferiscono una pace e una tranquillità davvero senza pari. Sorge sul versante della valle del Sentino opposto al borgo medievale di Sassoferrato, dal quale si vede. Purtroppo non sono riuscita ad entrare al suo interno e a vedere le monumentali colonne di reimpiego, ma anche l’esterno ha il suo perché: il suo portale è affrescato con una delicata Madonna con bambino certamente posteriore alla sua costruzione, mentre sono romaniche le decorazioni sul portale, con aquile e leoni brutti (uno dei #leonibrutti nell’arte della mia collezione) sui capitelli e girali ed elementi vegetali sull’arco.

Abbazia di Santa Croce, leoni brutti sui capitelli del portale laterale.

Sassoferrato alta: il borgo

Come tutti i borghi medievali che si rispettino, Sassoferrato è piena di chiese. Chiese di varia epoca, chiese afferenti a vari monasteri, chiese più o meno rilevanti dal punto di vista artistico. Non sto a parlare di tutte le chiese, ma ne propongo due, a mio parere le più interessanti: la piccola chiesa di Santa Chiara e l’altissima Collegiata di San Pietro.

Santa Chiara è annessa all’omonimo monastero, noto dal 1378. E’ una chiesa molto piccola in realtà, ma al suo interno custodisce alcune opere di pittura interessanti come una natività affrescata da Antonio da Pesaro e due opere del XVII secolo di Giovan Battista Salvi detto, guarda un po’, “il Sassoferrato”.

Chiesa di Santa Chiara – Natività di Antonio di Pesaro

La Collegiata di San Pietro risale anch’essa al XIV secolo, ma in realtà si installa su un edificio preesistente, tanto da essere menzionata in un documento del 1191. Non è una chiesa molto fortunata, ha subito diversi crolli nel corso dei secoli, l’ultimo dei quali col terremoto del 1997. Alla chiesa si accede lateralmente e la facciata rimane nascosta alla vista, rivolta verso l’esterno del borgo. Quando la si raggiunge si rimane a bocca aperta. Non affaccia su una piazza e forse è per questo che sembra ancora più alta di quanto non sia in realtà. Una facciata alta e stretta, in pietra bianca, davvero molto sobria.

La facciata della Collegiata di San Pietro

L’ingresso laterale della chiesa affaccia su una piazza dalla quale si gode un gran bel panorama sulle montagne circostanti e sul restante paese, dominato da quel gran cubo che è la Rocca di Albornoz.

Prima di raggiungere la Rocca si arriva nella piazza centrale: elegante, quadrangolare, su di essa affacciano il Municipio, le Poste e il Museo civico archeologico, allestito nel trecentesco Palazzo dei Priori. Il museo completa la visita alla città romana di Sentinum, anzi per la qualità e quantità dei reperti esposti è imprescindibile per comprendere la vita quotidiana in età romana: tra mosaici, statue, iscrizioni, frammenti bronzei si dà il quadro di una città che era fiorente, posta su una viabilità importante che costeggiava il fiume Sentino e quindi a metà strada tra l’Appennino e il mare Adriatico. Inoltre non manca un accenno a ciò che proviene da Sentinum, ma che è stato portato altrove: il Mosaico di Aiòn, che oggi si trova alla Gliptothek di Monaco di Baviera: un’opera di grande pregio artistico della quale, se vuoi saperne di più, puoi leggere sul mio Canale Telegram Generazione di Archeologi.

aiòn
Il Mosaico di Aiòn, dalla città romana di Sentinum alla Gliptothek di Monaco

Sassoferrato alta: la Rocca di Albornoz

Un vero e proprio cubo di pietra: ecco cosa mi ricorda la Rocca di Albornoz: una fortezza, la cui torre quadrata è davvero massiccia e incute un certo timore. Proprio con questo scopo la fece costruire il cardinale Egidio Albornoz nel 1368, dopo aver confiscato tutti i beni dei Conti Atti (discendenti di quelli che avevano fatto costruire l’Abbazia di Santa Croce e feudatari del territorio). Albornoz era un legato papale che aveva l’abitudine di far costruire rocche un po’ ovunque: una Rocca di Albornoz, per esempio, è la grandissima rocca di Spoleto, un’altra Rocca di Albornoz è a Narni, anch’essa molto grande, altre ancora a Orvieto e a Viterbo… Questa fu una vera e propria “politica delle Rocche” messa in atto dal Cardinale Albornoz per difendere il territorio della Chiesa dopo averlo ricondotto sotto il controllo papale: siamo negli anni immediatamente successivi alla “cattività avignonese”, quel periodo all’inizio del Trecento in cui il papa risiedette ad Avignone, dove infatti si trova il Palazzo dei Papi. Durante la cattività avignonese i vari feudatari, che amministravano per conto del papa le terre dello Stato della Chiesa, fecero decisamente i comodi loro, tanto che fu necessario combatterli uno a uno per ristabilire il potere papale. E fu proprio Albornoz a riportare l’ordine. La Rocca di Sassoferrato è tra le più piccole e forse meno conservate tra tutte le fortificazioni che egli fece fare, ma è nel suo piccolo una testimonianza di quell’intenso periodo storico in cui persino i cardinali andavano in guerra.

La Rocca di Albornoz

Quando 20 anni fa giunsi per la prima volta a Sassoferrato, non l’avevo mai sentito nominare prima. Spero in questo itinerario culturale di averti trasmesso un po’ dell’affetto che nutro per questo borgo delle Marche.

7 pensieri riguardo “Itinerari culturali nelle Marche: visitare Sassoferrato

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  1. Sono stata a Sassoferrato alcuni mesi fa e mi è piaciuta molto, soprattutto la parte alta dove si trova la Rocca. Purtroppo la zona del ponte romano nella parte bassa è stata seriamente danneggiata dal recente alluvione. Che peccato!

  2. Wow, questa è una zona che purtroppo non conosco bene ma trovo il tuo articolo molto interessante e pieno di spunti per progettare un bellissimo weekend! Ci faccio un pensiero!

  3. Ho sempre affermato che le Marche hanno un patrimonio a livello di borghi… Invidiabile! Sassoferrato la conosco solo di nome, non ci sono mai stata, ma con questo articolo ti devo dire che mi hai colpito: sono molto appassionata di archeologia e credo proprio che questa città mi emozionerebbe sotto questo punto di vista!

    1. Beh, ti emozionerebbe ancora di più se fosse rimasto a vista qualcosa in più. Ma va bene così, le due aree archeologiche da sole valgono la pena e mostrano quanto una cittadina dell’entroterra marchigiano potesse essere fiorente anche in età romana.

  4. Mi vergogno un po’ perché da marchigiana non credo di averla mai visitata! Il tuo articolo è super interessante e ho scoperto tantissime cose su questo posto che conosco, mea culpa, solo di nome! Sicuramente si, ti posso confermare che si percepisce tra le tue righe tutto l’affetto che nutri per questa cittadina della nostra regione!

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