I luoghi della Milano Horror!

In questo post ti parlo di un serial killer, di un automa di Satana e dei morti di peste (forse).

Se sei sicuro di voler continuare la lettura beh, che dire… coraggio!

Percorrere via Stretta Bagnera e sentire… un brivido lungo la schiena

Via Stretta Bagnera è una via stretta che si diparte da Corso Torino per andare in direzione dell’Accademia di Santa Marta, dove hanno oggi sede diverse accademie artistiche tra cui quella della Scala. Via Stretta Bagnera è una via insignificante, curvilinea se proprio vogliamo notare qualcosa, sulla quale affacciano edifici decisamente non degni di nota. Solo un edificio, sulla sinistra salendo da Corso Torino, ha due garages che si aprono. Ecco, è in uno di questi ambienti che Antonio Boggia trascinava le sue vittime, quattro in tutto prima di venire arrestato e condannato a morte.

Via Stretta Bagnera da Google Street View

Di modi calmi, con un’esteriore quasi di bonarietà, esatto osservatore delle pratiche religiose, estraneo, almeno apparentemente, da viziose tendenze“: un cittadino dunque al di sopra di ogni sospetto, se non fosse che a un certo punto si mise a uccidere persone. Le uccideva, poi le mutilava e le seppelliva, meglio le murava, all’interno di un fondo di via Stretta Bagnera. Uccideva per denaro, o meglio, prima commetteva una frode, producendo falsi atti nei quali si dichiarava ora amministratore unico dei beni di una vittima, ora erede di un fondo (proprio quello di via Stretta Bagnera), dopodiché uccideva le vittime perché potesse effettivamente ereditare. Fortunatamente la sua esperienza di serial killer si limitò a 4 efferati omicidi, perché poi fu arrestato in seguito a pressanti indagini e condannato a morte. La sua vicenda fece scalpore all’epoca e la sua condanna fu esemplare, nonché l’ultima condanna a morte ad essere eseguita nel Regno d’Italia fino alla II Guerra Mondiale.

Un soggetto così non poteva non destare ammirazione e interesse presso la comunità scientifica. Ed ecco che Cesare Lombroso, il grande criminologo torinese che ipotizzò che si potesse individuare un delinquente dalle sue caratteristiche fisiche, volle studiare i resti ossei del serial killer e ne concluse che sì, Antonio Boggia corrispondeva in tutto e per tutto al profilo del delinquente nato.

Mentre percorro via Stretta Bagnera verso le 18 mi accorgo che un fiotto di aria fredda mi fa rabbrividire. Scopro solo dopo che narra la leggenda che in questa via ancora aleggi lo spirito del Boggia il quale, per farsi notare, lancerebbe ventate di aria gelida per sorprendere i passanti. Non so se dormirò serena stanotte.

Eppur si muove… l’automa del Demonio!

Siamo al Castello Sforzesco. Un edificio immenso, una sede museale davvero sterminata, al termine del cui percorso avverti sul serio quella “fatica da museo” teorizzata dai più grandi museologi del nostro tempo. Vero, verissimo: il Castello Sforzesco è un contenitore di troppe collezioni, disparate, abbondanti, slegate tra loro e con scarsi legami talvolta persino con Milano. Io che vivo e lavoro nei musei e per i musei, arrivata dopo tre ore di visita al Museo degli Strumenti Musicali volevo fuggire a gambe levate.

La corte del Castello Sforzesco

Negli anni ho sviluppato una tecnica per cercare di annoiarmi il meno possibile nei musei: l’unico modo per visitare collezioni così eterogenee e vaste, secondo me, è individuare da subito dei dettagli o dei soggetti che ci incuriosiscono e andare a ricercarli in tutte le altre sale. Spesso con me funziona: per esempio al Castello Sforzesco ho trovato diversi #leonibrutti (se hai letto il post precedente sai di che parlo) e mi sono divertita a osservarli. Altri reperti o oggetti attirano il mio sguardo, e non sempre si tratta di opere d’arte di mirabolante bellezza.

Per esempio, una delle cose che sicuramente ricorderò meglio della mia visita a Castello Sforzesco, è l’automa di Satana.

Ad un busto statuario cinquecentesco appartenuto probabilmente a un Cristo alla Colonna, iconografia che consentiva all’artista di sbizzarrirsi nel disegno della muscolatura fresca e tirata di Gesù, è stato applicato un meccanismo che, azionato, consente di ruotare la testa mostruosa, muovere gli occhi e tirare fuori la lingua. Pare che quando tirava fuori la lingua, il nostro demonio a manovella emettesse anche dei suoni disarticolati e che avesse anche le corna, oggi perdute.

Castello Sforzesco, Automa del Demonio. Fa abbastanza paura?

Visione magnifica, e terribile allo stesso tempo, di un esperimento tecnologico da Wunderkammer del XVII secolo. E in effetti questo automa appartenne alla collezione del Museo o Galeria Adunata del Sapere di Manfredo Settala, scienziato e collezionista della Milano bene del pieno Seicento. Una collezione che doveva essere ben vasta e che davvero rispondeva alla definizione di Wunderkammer, camera delle meraviglie: oltre all’automa, che era senz’altro un oggetto curioso, ma non di grande valore, Settala aveva messo su una discreta collezione archeologica, etnografica, musicale: circa tremila oggetti, e scusate se è poco. Intanto l’automa del demonio incombe alle mie spalle, con quel ghigno pronto a trasformarsi in lingua di fuoco infernale da un momento all’altro.

Quanti sono? San Bernardino alle Ossa e un certo gusto per il lugubre…

In pieno centro a Milano, a poche centinaia di metri da Piazza Duomo e dai negozi di Corso Vittorio Emanuele, a poca distanza da Piazza Fontana, che non è un luogo horror, ma uno dei capitoli più bui della storia recente d’Italia, in piazza Santo Stefano sorge un piccolo santuario, dedicato a San Bernardino, accanto alla più grande basilica di Santo Stefano Maggiore.

Entrando nel santuario, ci accoglie una piccola aula a pianta centrale anche piuttosto sobria. Ma bisogna imboccare uno stretto corridoio laterale per arrivare in una cappella che lascia davvero senza parole.

L’Ossuario di San Bernardino alle Ossa. Impressionante.

Sono tutte le ossa che danno il nome alla chiesa: sono crani, femori, omeri, vertebre, rotule di uomini morti nel corso dei secoli. C’è una vulgata che racconta che esse risalgano a ben due epidemie di peste: la famosa peste del Trecento (di cui tra gli altri Alessandro Barbero ha scritto e parlato tantissimo) e l’ancor più famosa, a Milano, peste del Seicento, quella raccontata ne I promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Ma se si consulta il sito web della chiesa di San Bernardino, in realtà la peste non è minimamente presa in considerazione. In compenso ci sono diverse informazioni utili sulla sua fondazione e la sua storia.

Che aleggi il fantasma della peste o meno, la cappella delle ossa è oggettivamente uno spettacolo macabro. Sulle 4 pareti sono ordinate in composizioni pregevoli crani e ossa lunghe mirabilmente assortite per comporre disegni o geometrie che, all’occhio attento, possono richiamare anche simbolismi cari alla massoneria e alle pratiche occulte. Sulle pareti laterali, nel pannello verticale centrale una lunga croce realizzata interamente con crani, crea 8 scomparti quadrati che contengono ossa lunghe di cui si vedono soltanto le terminazioni. Lungo le pareti, negli spazi risultanti tra le teche, le ossa sono disposte in maniera piuttosto decorativa, come se fossero dei festoni che a me personalmente hanno richiamato certe decorazioni di età romana, solo che all’epoca al posto dei crani umani c’erano i bucrani, ovvero i crani di bovini sacrificati per il rito di turno.

San Bernardino alle Ossa, l’altare maggiore

Non è la prima volta che mi trovo in un ossuario. Prima di ora ho visto gli ossuari della Cattedrale di Otranto, dei Trecento di Pisacane a Padula, della Cripta dei Cappuccini di Palermo. Nel nord Italia non mi ero mai imbattuta in qualcosa del genere e poi così concentrato, tutto insieme! Un antropologo potrebbe stare qui ore e ore in contemplazione di ogni singolo cranio, ma al di là di queste perversioni (scherzo, care le mie amiche colleghe antropologhe!) resta difficile capire se vi sia un certo gusto per il macabro o l’esigenza religiosa di dare giusta sepoltura a defunti che a un certo punto furono privati della terra cimiteriale nella quale essere sepolti. O se ancora, come nella cripta dei Cappuccini di Palermo, fosse un lusso e un vezzo della classe più abbiente e nobiliare. In ogni caso le ossa di San Bernardino, tutte mirabilmente ordinate e quasi classificate, sono lì a ricordarci la caducità della vita, l’attrazione e la morbosità che abbiamo verso ciò che in realtà ci impressiona e ci fa paura, il disagio apparentemente inspiegabile che una vista del genere ci suscita.

Serial Killer Exhibition World Tour: la mostra horror che inaugura l’8 aprile 2023 a Milano Lambrate

L’8 aprile 2023 allo Spazio Ventura di Milano inaugura la mostra Serial Killer Exhibition World Tour: una mostra che nelle premesse rischia di essere piuttosto immersiva, quindi coinvolgente, senza tralasciare però il valore scientifico, che in questo campo significa portare prove, dati, non mere supposizioni. Il metodo investigativo viene applicato a una mostra per il pubblico generalista e il risultato sarà senz’altro interessante. Sul sito web della mostra sono illustrate tutte le info utili per programmare la propria visita. Io consiglio l’esperienza, però, solo a stomaci forti. Perché vedere le scene del crimine, le lettere scritte di proprio pugno dai serial killer lascia sicuramente il segno. Comunque porta a riflettere.

Io non avrò modo di vedere la mostra (dubito di tornare a Milano nell’immediato futuro), ma mi sono imbattuta in questa inaugurazione e ho pensato potesse essere interessante condividerla (e no, non è un adv).

La locandina della mostra “Serial Killer world tour”

Ringraziamenti: sono dovuti, dovutissimi, a mio cugino Antonello, milanese d’adozione, che mi ha fatto scoprire San Bernardino alle Ossa e via Stretta Bagnera. E tra l’altro vi avrei fatto vedere con che nonchalance ha accompagnato me e Salvatore in questa viuzza dicendo “Ecco, vedete? In uno di questi garage nell’Ottocento un serial killer nascondeva le sue vittime”. Il resto è storia. Anzi, blog.

Dopo questa lettura non resta che augurarti buonanotte e sogni d’oro…(muahahahahah ☠️) Ma prima dimmi: faresti mai un tour di questo tipo? Ti attrae l’horror o francamente ne fai a meno? Fammi sapere, ma ti avverto: l’automa del demonio di Castello Sforzesco ti apparirà in sogno se non dirai la verità!

6 pensieri riguardo “I luoghi della Milano Horror!

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    1. eheh, è il bello di avere un cugino che vive a Milano e che è appassionato di misteri e di horror. Quanto all’automa è stata una vera scoperta al Castello Sforzesco!

  1. Sono luoghi a me conosciuti ma ho comunque letto con divertimento e curiosità il tuo articolo!
    La storia della Via Stretta l’avevo scoperta con il podcast “Non aprite quella Podcast”!!!
    Magari se ti interessa il genere lì potrai scoprirne di ogni!

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