Visitare Atene in due giorni: il mio itinerario. Parte prima: Acropoli e Museo dell’Acropoli

Finalmente, dopo quasi 18 anni sono tornata ad Atene. Città che è nel mio cuore fin da quando la visitai la prima volta nel 2004 in occasione delle Olimpiadi, per imprimervisi definitivamente nel 2007, quando vi tornai, questa volta per studio.

Sono tornata ad Atene per soli due giorni, sufficienti per me per riconnettermi con questa città che per me è scuola e anima, da archeologa quale sono. Vi propongo qui il mio itinerario, in tre puntate, consapevole del fatto che è stato, però, un discreto tour-de-force incentrato per lo più sulla visita ai musei e alle principali aree archeologiche. Ma nulla vieta di prendere spunto da questo itinerario e di declinarlo secondo le vostre esigenze e interessi. Dunque indossate scarpe comode. Si parte.

Giorno 1 – Acropoli e Museo dell’Acropoli

Inutile girarci attorno: Atene si identifica con la sua Acropoli e in particolare con il Partenone, il grande tempio dedicato ad Athena Parthenos che è il monumento identitario di tutta la Grecia nonché, simbolicamente, il monumento che simboleggia la Democrazia, inventata non a caso in Grecia e che raggiunse il massimo momento nell’Atene di Pericle. Il Partenone fu innalzato sull’Acropoli dopo le Guerre Persiane e divenne il simbolo della superiorità di Atene e della cultura e della democrazia di uomini liberi sui Persiani barbari, che non ammettono cittadini ma sudditi.

Non ha bisogno di presentazioni: è il Partenone

L’Acropoli di Atene

Ogni itinerario di Atene che si rispetti non può non partire e non può tenere conto del Partenone, pertanto deve mettere in conto una visita, una vera e propria ascesa, all’Acropoli.

L’accesso principale all’Acropoli è quello alle pendici occidentali: l’ingresso monumentale dei Propilei, che supera il dislivello tra la salita scoscesa alla sommità dell’acrocoro che ospita l’Acropoli e la spianata sulla quale l’Acropoli si distende con i suoi monumenti.

Prima di arrivare ai Propilei si percorre un sentiero in salita che lambisce il fronte sud dell’Acropoli, alle cui pendici nel II secolo d.C. Erode Attico fece erigere il suo Odeon, un edificio da spettacolo paragonabile a un teatro, ma più piccolo e destinato ad altro genere di spettacoli. Ateniese, Erode Attico è personaggio che sotto il principato di Adriano e di Antonino Pio ebbe grande successo a Roma, dove contrasse un ottimo matrimonio con la giovanissima Annia Regilla, di importante famiglia senatoriale. Erode Attico è noto dalle fonti per aver commissionato l’omicidio della giovane moglie e infatti ne ho parlato insieme alle colleghe nel saggio “Femminicidio e violenza di genere nell’Antica Roma” di cui sono curatrice. Perdonate la digressione, ma non dedicherò altre parole a questo illustre mandante di femminicidio (se volete saperne di più, però, leggete il libro).

Pendici dell’Acropoli, Odeon di Erode Attico

Torniamo sull’Acropoli. Varcati i Propilei, sulla destra si trova il piccolissimo tempietto di Athena Nike, ma l’attenzione è già tutta attratta dal Partenone, davanti a noi, sulla destra. Ancora parzialmente in restauro, la sua imponenza non passa inosservata. Naturalmente non si può accedere all’interno e ci si avvicina fino a un certo punto. Le dimensioni sono davvero imponenti, la sua presenza domina l’Acropoli. Il capolavoro di Fidia, che per il tempio realizzò la statua crisoelefantina (in oro e avorio) di Athena Parthenos, le statue dei frontoni e i rilievi delle metope della peristasi esterna e il fregio interno della cella, è qui davanti ai nostri occhi. La statua di Athena Parthenos è andata perduta, nota nella sua iconografia solo da copie molto minori del vero e non sempre precise, mentre i rilievi delle metope e del fregio della cella, nonché le statue dei due frontoni sono divisi tra Atene e il British Museum. Una vera e propria contesa, quella tra Atene e il British Museum per i Marmi del Partenone, che vedremo tra poco, a proposito del Museo dell’Acropoli.

Acropoli di Atene, l’Eretteo

Sulla sinistra incontriamo l’Eretteo, famoso per la loggia delle Cariatidi, le statue femminili che sostengono l’architrave come fossero colonne. Si tratta di un santuario del V secolo a.C. sorto nel punto in cui sarebbe avvenuta la disputa mitologica tra Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica: vicenda narrata anche sul frontone ovest del Partenone: le due divinità si sfidarono per stabilire chi tra loro sarebbe stato il patrono della regione; Poseidone fece sgorgare un sorgente, ma Atena fece nascere dalla terra arida dell’Acropoli un albero di olivo. Vinse Atena, ovviamente. Alle spalle dell’Eretteo (che deve il nome a uno dei mitologici re di Atene, padre tra gli altri della famigerata Pandora, quella del vaso), ancora oggi vi è un albero di olivo, nel punto in cui storicamente cresceva, in un luogo di culto chiamato Pandroseion, dal nome di Pandroso, nipote di Eretteo, dea della rugiada e prima donna a dedicarsi alla filatura, attività tipicamente femminile.

Proseguendo oltre si arriva a un punto panoramico, suggellato dalla bandiera bianca e blu della Grecia, dal quale da una parte si gode il panorama sulla città moderna – che si spande a perdita d’occhio, una metropoli disordinata, vista da quassù – dall’altra offre il punto di vista privilegiato sul Partenone.

Ridiscendendo dall’Acropoli dal lato dei Propilei ci si può allungare sulla collina dell’Areopago, poco distante, sede nel VII secolo a.C. del consiglio degli anziani, gli ex-arconti. L’Areopago perse importanza man mano che Atene passava da un ordinamento monarchico a tirannico fino alla democrazia. Rimane quindi un’altura rocciosa, oggi, dalla quale si gode il panorama dell’Acropoli.

La vista dell’Acropoli dall’Areopago

Il Museo dell’Acropoli – Acropolis Museum

L’ultima volta che ero stata ad Atene, correva l’anno 2007, il Museo dell’Acropoli era un piccolo edificio posto a lato del Partenone, in cui erano esposti i marmi della cosiddetta Colmata Persiana, cioè l’insieme delle statue di culto, ex voto e opere d’arte varie di epoca arcaica raccolte e gettate dopo le Guerre Persiane del 480 a.C. che avevano comportato l’assalto e la distruzione dell’Acropoli. Trattandosi di statue di culto, non potevano essere distrutte, pertanto gli Ateniesi all’indomani della battaglia di Salamina, dovendo ricostruire la città e i suoi templi, le raccolsero e le deposero in un angolo dell’Acropoli. Rinvenuta nella seconda metà dell’Ottocento, ha restituito tantissime statue che sono diventate veri e propri punti di riferimento per la storia dell’arte Greca.

Il Moskophoros nel vecchio museo dell’Acropoli (foto 2007)

Torniamo a noi. Ancora nel 2007 il Museo dell’Acropoli era un edificio modesto, allestito con criteri non esattamente accattivanti, nonostante ospitasse opere fondamentali dell’arte greca di età arcaica. Ma qualche anno dopo le cose sono cambiate. Oggi il Museo dell’Acropoli è un edificio straordinario, un luogo in cui contenitore e contenuto, quindi edificio e collezione, dialogano con il contesto, cioè con l’Acropoli. Il nuovo museo sorge infatti alle pendici dell’Acropoli, costruito e concepito proprio per dialogare con il cuore storico e identitario di Atene e in particolare con il Partenone. Il nuovo museo dell’Acropoli è di fatto un manifesto di identità nazionale, un manifesto politico. E di politica internazionale. Sì, perché il fulcro della sua esposizione è costituito dai marmi del Partenone. Peccato che buona parte dei marmi stia a Londra, al British Museum.

Breve digressione: la questione dei marmi del Partenone – i Marmi Elgin

All’inizio dell’Ottocento, il conte Elgin, ambasciatore inglese alla corte ottomana, ben conoscendo il valore delle sculture del Partenone, le acquistò e le prelevò più o meno lecitamente, decisamente spoliando il monumento e depauperando la Grecia nell’indifferenza più totale del sultano all’epoca al governo. Quando la Grecia divenne indipendente, subito si mosse per ottenere la restituzione dei marmi. Ma nel frattempo Elgin li aveva portati a Londra, peraltro facendo naufragio (e il recupero fu piuttosto impegnativo) e vendendoli al British Museum per una cifra davvero irrisoria rispetto al valore che avevano già all’epoca. In ogni caso il British Museum dal 1820 circa espone i marmi del Partenone, ribattezzati “Marmi Elgin”, senza però minimamente valorizzarli. Mi spiego: l’allestimento dei marmi del Partenone al British Museum è un allestimento stantìo, mai rinnovato, vecchio come il museo stesso. In più, il British Museum è stato colpito recentemente da uno scandalo relativo al furto, o quantomeno alla sparizione, di reperti: ciò offre il fianco legittimamente alla Grecia per chiedere la restituzione. D’altronde è semplice da capire il messaggio: per il Regno Unito, per il British Museum, i Marmi del Partenone sono opere sicuramente importanti, ma tra le migliaia di opere e reperti importanti provenienti da tutto il mondo. Per la Grecia quelle statue sono identitarie, perché contribuiscono a ricostituire il programma iconografico del monumento che, nell’Atene post Guerre Persiane, era testimone della città-stato che si imponeva sulle altre della Grecia. Il Partenone è diventato il simbolo della Grecia, della democrazia ateniese, della cultura greca di ogni tempo.

British Museum, i marmi del Partenone, frontone Est

Per questo i Greci ci tengono tanto. Per questo il Museo dell’Acropoli è un manifesto politico oltre che un simbolo culturale.

Museo dell’Acropoli: il percorso di visita

Vale la pena di sottolineare che, mentre l’ascesa all’Acropoli costa solo 10 €, il museo dell’Acropoli ne costa 20. Ma li vale tutti, credete a me.

Il Museo dell’Acropoli si sviluppa su 4 livelli. Un livello interrato, che mostra la città antica sotto il museo, portata in luce proprio durante i lavori per la costruzione del museo: una stratificazione lunghissima che racconta la storia del quartiere alle pendici dell’Acropoli dall’età arcaica al medioevo. Al piano terra inizia il racconto dell’Acropoli: impatto scenografico molto ben riuscito, nella hall si incontrano dapprima le testimonianze relative ai santuari dedicati ai vari dei (Asclepio, per esempio) collocati alle pendici dell’Acropoli. Si arriva poi al livello dell’Acropoli di età arcaica. Qui inspiegabilmente non si può fotografare: è il luogo in cui sono esposte le opere della Colmata Persiana. Le opere non sono disposte secondo un ordine particolare, sembrano piuttosto messe a caso, ma è perfetto così: ci muoviamo tra kouroi (figure di giovani fanciulli offerenti) e korai (lo stesso, ma al femminile), tra statue più composite come il Cavaliere Rampin (la cui testa sta al Louvre) o il Moskophoros (colui che porta sulle spalle un vitello) come se fossimo effettivamente sull’Acropoli ante 480 a.C., quando probabilmente queste offerte votive erano erette quasi a caso nello spazio compreso tra i templi all’epoca esistenti.

La hall dedicata alla colmata persiana vista dal piano superiore

Procedendo incontriamo i rilievi del tempietto di Athena Nike e una serie di altri rilievi provenienti dagli altri edifici di età classica. E incontriamo le Cariatidi, cui è riservato un posto preminente, una sorta di terrazza. Sono magnifiche e la possibilità di vederle da vicino, di osservarne i dettagli, al tempo stesso ne fa notare le differenze. I capelli sono magnifici, acconciati in una treccia che scende sulla schiena. I volti ieratici sembrano inespressivi, eppure esprimono tutto ciò che l’arte greca incarna: purezza, perfezione, divinità.

Museo dell’Acropoli, le Cariatidi

Il piano principale, però, è l’ultimo, il terzo livello.

Già a vederlo da fuori, l’ultimo piano si distingue dal resto dell’edificio. Innanzitutto è orientato diversamente, in modo da essere perfettamente parallelo al Partenone. Inoltre è a vetrata continua, perché deve e vuole dialogare con la città all’intorno, a 360° esattamente come dall’Acropoli, dal Partenone. Qui poi è costruito un dialogo potente proprio col Partenone, che vediamo bene dalle ampie vetrate del museo.

La vista panoramica sul Partenone dal Museo dell’Acropoli

L’architettura del Partenone è evocata anche nel richiamo della peristasi, grazie all’impiego di colonne che corrispondono per numero e disposizione a quelle dei 4 lati del Partenone. Tutto questo serve per esporre, esattamente a richiamare la loro posizione originaria, i marmi del Partenone: il fregio che decorava la cella è posto in posizione arretrata, in alto, proprio per marcare la differenza e la collocazione spaziale nell’economia del monumento. In posizione avanzata, invece, sono collocate le metope della peristasi esterna, di nuovo in alto, per evocare il punto di vista che dovevano avere. E poi ci sono le statue dei frontoni, collocate invece in basso, e – a differenza che sul Partenone – osservabili anche da dietro. Perché, e non lo sapevo, l’ho scoperto proprio vedendole dal vivo in questo allestimento, le statue dei frontoni, nonostante fossero concepite per essere viste solo frontalmente, erano però scolpite a tutto tondo. Magnifico.

Museo dell’Acropoli, angolo del frontone/lato est

Una cosa si nota subito: è una differenza cromatica, che distingue immediatamente gli originali dai calchi dei marmi che stanno ancora a giro per il mondo, in particolare al British Museum. Ogni metopa o frammento di rilievo è individuato da una sigla: BM se si tratta di un marmo oggi al British Museum, oppure Acr, quando si tratta di un marmo rimasto ad Atene e quindi già facente parte delle collezioni dell’Acropolis Museum. Perché ecco, non è che Elgin si sia portato via tutto, eh. Molto è rimasto ad Atene, ma proprio per questo sarebbe magnifico ricongiungere tutte le statue, tutti i rilievi. E allora, vediamo, tra originali e copie, il programma iconografico del Partenone.

Marmi del Partenone, particolare del fregio esterno della cella

Partiamo dal fregio esterno della cella, un fregio continuo nel quale si racconta la processione in occasione delle feste Panatenaiche, cui prende parte sia la comunità dei cittadini di Atene che gli dei dell’Olimpo. In questa processione le fanciulle ateniesi consegnano alla dea Atena il peplo appositamente tessuto e confezionato per lei. Una schiera di giovani cavalieri galoppa, mentre gli dei, seduti in trono, assistono. Atene e gli dei sono fortemente legati, ciò che accade in terra si riflette in cielo, gli dei sono partecipi della vita della polis.

Il fregio sulla peristasi si distingue invece in quattro temi. Rispetto al fregio della cella, che è continuo (fregio ionico), quello sui quattro lati della peristasi vede l’alternarsi di metope scolpite a rilievo e triglifi. Le metope sono tanti pannelli che illustrano ciascuno una scena all’interno di un tema più grande: sui 4 lati si alternano l’Amazzonomachia (guerra dei Greci contro le Amazzoni), la Gigantomachia, la Centauromachia e – forse – la Guerra di Troia; in ogni caso si tratta di quattro situazioni mitologiche in cui viene celebrata la Grecità, la superiorità dell’intelletto umano e dell’ordinamento della polis contro ogni forma di aberrazione: nel caso delle Amazzoni un’inconcepibile società di sole donne (a maggior ragione, se si pensa a quanto fossero segregate e scarsamente considerate le donne), nel caso di Centauri e Giganti etnìe di esseri mostruosi e ferini, lontani dal vivere civile.

Museo dell’Acropoli: statue dal frontone ovest del Partenone: Cecrope e Pandroso assistono alla contesa per l’Attica tra Atena e Poseidone

Infine i frontoni. Il programma iconografico qui è pazzesco: sul frontone est è raffigurata la nascita di Atena dalla testa di Zeus, mentre sul frontone ovest è raffigurata la già citata contesa divina per l’Attica tra Atena e Poseidone, vinta dalla dea che fece scaturire dalla terra un albero di olivo.

Tutta l’esecuzione artistica è affidata a Fidia, l’artista greco più noto di sempre, e alla sua bottega. Il programma scultoreo del Partenone è considerato il punto più alto dell’arte classica.

E torniamo al Museo e al suo allestimento: poter vedere così da vicino, più che se ci trovassimo al cospetto del Partenone, le sculture di Fidia e della sua bottega è un’emozione francamente unica, a tratti commovente. Per questo, a maggior ragione, se le sculture fossero tutte di un colore, quello del marmo dei marmi originali, e non anche del bianco dei calchi, sarebbe ancora più commovente ed emozionante l’esperienza di visita.

10 pensieri riguardo “Visitare Atene in due giorni: il mio itinerario. Parte prima: Acropoli e Museo dell’Acropoli

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  1. Una guida super dettagliata del Museo dell’Acropoli e dellÁcropoli stessa, che “stimola” immensamente la voglia di ritornarci. Come te, ada Atene ci sono stata ben 20 anni fa e a quel tempo, il museo era davvero piccolino. Adesso, da ció che scrivi, é diventato uno dei luoghi da non perdere assolutamente! Spiegato da te, poi, é ancora piú interessante!

  2. Atene è una meta che mi manca ma che vorrei tanto visitare, il Partenone in primis. Sono stata in Grecia sempre d’estate con delle temperature proibitive, credo che prossimamente la valuterò per un weekend lungo in una mezza stagione. Il tuo itinerario è perfetto!

  3. Complimenti per la capacità di combinare la precisione accademica con un tono accessibile e coinvolgente. Riesci a trasmettere, con straordinaria passione, tutto il tuo amore per Atene, fondendo il racconto personale con un’approfondita competenza archeologica. L’itinerario proposto è dettagliato e affascinante

    1. Paola grazie, sono bellissime parole le tue! è quello che cerco di fare ogni giorno col mio lavoro, cercare di rendere accessibile e coinvolgente l’archeologia. Grazie davvero!

  4. La cosa che più mi ha colpito di Atene e che da ogni angolo si ammirava l’acropoli, in particolare di notte illuminata. Mi ha colpito altrettanto il museo dell’Acropoli, visitato di sera, tutto illuminato e di vetro, che meraviglia!

  5. Atene è un mio sogno da sempre, il mio debole per la Grecia e tutto ciò che la riguarda credo faccia parte di una qualche vita passata!
    Con i tuoi consigli potrebbe venir fuori un bel week end lungo di qualche ponte.

    Grazie!

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