L’Olimpo, il monte più importante della Grecia, quello dove secondo i miti vivevano gli dei, è ancora coperto di neve a fine maggio. Viaggiamo nella sua direzione lungo la via che percorriamo provenendo da Salonicco. Una montagna alta, poderosa, che si staglia all’orizzonte e che funge da nostra stella polare mentre ci dirigiamo verso un luogo sacro per gli antichi Greci, ma meno noto rispetto ai grandi santuari panellenici, come Delfi o Olimpia: si tratta di Dion, un santuario tutto sommato piccolo, ma antico, che sorge poco distante dalle pendici del grande sacro monte, alla sua ombra. Come se gli Dei, Zeus per primo, ogni tanto scendessero dal loro trono sulla cima della montagna per vedere come si sta quaggiù, tra gli Umani cui non volevano concedere nemmeno l’uso del fuoco.
Sorto come santuario nel VI secolo a.C., in età ellenistica è un centro abitato che si sviluppa soprattutto in età romana. L’area archeologica si distingue in due settori, quello dei santuari, immerso nel verde e nelle acque di risorgiva, e quello della città romana, con la sua lunga via basolata che divide in due l’abitato. La città ellenistica e poi romana ha vita lunga: fino al IV secolo d.C. è ancora fiorente, decade poi pian piano in età paleocristiana.
Dion, i santuari di età greca
Le vette del monte Olimpo e le pianure della Pieria sono menzionate per la prima volta nell’Iliade di Omero e negli Inni Omerici. Dion, il luogo sacro di Zeus è menzionato per la prima volta, invece, dallo storico Tucidide. Secondo il mito, qui Deucalione costruì il primo santuario in onore di Zeus dopo il grande diluvio (che è presente anche nella mitologia greca, non solo in quella ebraica e nell’epopea mesopotamica di Gilgamesh). Il suo momento di massimo splendore fu raggiunto alla fine del V secolo a.C. quando il re Archelao di Macedonia aggiunse cerimonie sacrificali, giochi atletici e agoni teatrali alle feste olimpiche che già qui si celebravano, in onore di Zeus Olympios e delle Muse.
Dion fu frequentata spesso dai re Macedoni che venivano a compiere sacrifici in onore di Zeus Olympios: qui Filippo II (il padre di Alessandro Magno) veniva a celebrare le proprie vittorie e Alessandro stesso iniziò qui la sua campagna militare verso l’Asia compiendo sacrifici a Zeus.
L’area dei santuari oggi è molto suggestiva: immersa nel verde del bosco, regala di tanto in tanto scorci sul monte Olimpo ed è un curioso alternarsi di alberi e stagni. Non stupisce che sia un luogo sacro: qui già nell’antichità vi era una sorgente da cui sgorgavano acque copiose.
Visitiamo ora i santuari più importanti e suggestivi. E partiamo da quello dedicato al re degli dei: Zeus Olympios.
Dion, il santuario di Zeus Olympios
Oggi rimane ben poco in elevato di questo santuario, ma il ritrovamento più interessante – e suggestivo – non sta tanto nella pianta dell’edificio quanto nelle tre file di 11 basi di pietra, ciascuna delle quali dotata di un anello di bronzo, al quale erano legati i buoi che servivano per il sacrificio, noto come ecatombe, di cento buoi al padre degli Dei.
La costruzione dell’altare risale indietro nel tempo al mito e si fa risalire a Decaulione, l’eroe già citato prima; sicuramente è il santuario prediletto dai re macedoni che qui fanno i loro grandi sacrifici. Nei tempi più antichi in realtà questo santuario era un bosco sacro; solo all’età ellenistica risalgono le strutture architettoniche, tra cui il lungo altare di Zeus, 22 m, costruito nel IV secolo sicuramente al posto di altari preesistenti e più antichi. All’interno del santuario vi erano anticamente le statue dei grandi re macedoni o di eroi: ed effettivamente sono state trovate le basi di una statua di Cassandro e di Perseo. Ma, dicono le fonti, che qui Alessandro Magno avesse fatto dedicare un gruppo scultoreo di cavalieri in bronzo, opera dello scultore Lisippo, per celebrare la battaglia del fiume Granico nel 334 a.C.
Alle spalle di ciò che resta del santuario, la cima innevata del Monte Olimpo osserva compiaciuta quanto i monumenti eretti dagli uomini per gli dei, talvolta possano essere immortali tanto quanto gli dei stessi.
Il teatro romano
Accanto al santuario di Zeus, con brusco salto temporale, ci troviamo davanti al teatro di età romana di Dion, costruito distante dalle mura della città, e con la cavea che dà le spalle all’Olimpo. Il teatro risale all’epoca dell’imperatore Adriano, personaggio che amava la cultura greca sopra ogni cosa, perciò non è casuale la sua posizione accanto al più importante dei santuari. Oggi rimane il tracciato dell’orchestra a forma di ferro di cavallo e i gradoni più bassi della ima cavea, la gradinata degli spalti.
Il santuario di Zeus Hypsistos
Una cicogna si aggira nel pantano antistante i resti archeologici. Ignara, o forse no, di trovarsi in quello che un tempo era (ma probabilmente è ancora oggi) un luogo sacro, si aggira col suo lungo becco che immerge di tanto in tanto a caccia di cibo. Eh sì, è stata una visione magnifica, lo ammetto.
La falda molto alta dell’acqua oggi sommerge gran parte del santuario: emergono dalla palude solo le strutture del tempio, che si trovava al centro di un recinto sacro (temenos) quadrangolare, mentre tutto intorno si aprivano ambienti legati alle funzioni proprie del culto. Da qui proviene la statua di culto di Zeus Hypsistos, assiso in trono, che è esposta al Museo archeologico di Dion.
Quanto al culto, l’epiteto di Hypsistos è traducibile con “Altissimo”, quindi come dio supremo; si diffonde in età ellenistica, perdura fino alla tarda antichità e l’aspetto interessante è che spesso viene riferito al dio dei Giudei.
Il santuario di Demetra
Si tratta del santuario più antico di tutta Dion, risalente al VI secolo a.C. che in età ellenistica fu dotato di due templi speculari all’interno dei quali è stato rinvenuto un gran numero di ex voto e di statue della dea – assimilata alla Grande Madre, e comunque legata al ciclo del grano e della vita – e della figlia Persefone, legata al ciclo delle stagioni (nel mito Persefone è rapita da Ade che la fa sua regina nell’Oltretomba, ma lei ottiene di poter stare 6 mesi – primavera ed estate – insieme a sua madre, trascorrendo gli altri – autunno e inverno – negli Inferi). Inoltre è stata rinvenuta una tavola per offerte dedicata a Baubò. Baubò è un personaggio alquanto strano, spesso raffigurato come una vagina con le gambe: nel mito, per consolare Demetra disperata per il rapimento della figlia, Baubò si tira su la veste, mostrando la sua vagina nuda e riuscendo così a far ridere la dea. Ne parla bene su instagram @archeop.rn in un post appositamente dedicato.
Il santuario di Iside
Chiude il giro dei santuari ellenistici il santuario di Iside, oggi completamente immerso nell’acqua. Nuovamente torna il contatto visivo con l’Olimpo alle sue spalle; nuovamente siamo alle prese con un santuario ben più antico, che prima di essere dedicato a Iside è dedicato ad Afrodite e Artemide. Solo nel II secolo a.C. Iside soppianta il culto precedente. Le strutture ora visibili risalgono al II secolo d.C., ma il culto risale ad età ellenistica. Iside, con l’epiteto di Lochia prende il posto di Artemide come protettrice delle partorienti. Nonostante il culto della dea egizia, sopravvive il tempio dedicato ad Afrodite Hypolympidia, cioè delle pendici dell’Olimpo. Il santuario già in antico sorgeva presso l’acqua, il corso del fiume Vaphyras; oggi però la falda molto superficiale ha allagato ogni cosa, rendendo tutto molto suggestivo, certo, ma difficile da gestire dal punto di vista conservativo. La vicinanza al fiume si spiega con la volontà di evocare il Nilo e il suo Delta in Egitto e la struttura stessa, che vede un lungo corridoio centrale fiancheggiato da bassi muri, vorrebbe evocare proprio il grande fiume.
La città ellenistico-romana di Dion
Dopo aver visto le dimore degli dei, vediamo le dimore degli uomini.
Dion è una città cinta di mura attraversata da una lunga strada basolata che funge da arteria principale sulla quale affacciano edifici pubblici e privati.
Il complesso residenziale più antico è quello delle case di Zosas e Leda: Zosas è il proprietario di una casa privata del quale conosciamo il nome grazie ad un’iscrizione su un pavimento a mosaico. La casa di Leda invece deve il nome al rinvenimento di una statuetta di Leda col cigno quale oggetto di arredamento.
Solo una piccola porzione della città romana è stata portata alla luce e restaurata. Mi permetto anche di dire che talvolta i restauri sono un po’ troppo pesanti, come nel caso dell’Odeon annesso alle Grandi Terme: un piccolo edificio dalla pianta semicircolare tipica dei teatri, che si data alla fine del II secolo d.C. e che poteva accogliere fino a 400 spettatori. Anche le Grandi Terme, di cui si conservano alcuni pavimenti a mosaico di pregevole fattura, risalgono alla fine del II secolo d.C. e restarono in uso fino alla seconda metà del III secolo quando un forte terremoto le distrusse insieme all’annesso Odeon. Tra i mosaici si alternano motivi geometrici ad altri figurati con animali marini fantastici (sopravvive la testa-busto di un toro che doveva avere la coda di pesce). I motivi decorativi sono nel complesso piuttosto eleganti, l’uso di tessere policrome rende dei begli effetti di chiaroscuro.
Vi sono poi scavi e restauri in corso nell’Agorà di Dion, cioè nella piazza del foro e negli edifici adiacenti, tra cui si distinguono tre edifici dai pavimenti a mosaico notevoli. Essendo in corso di scavo, però, non è stato – giustamente – possibile fotografarli.
Ritornando sulla lunga via basolata, proseguiamo fino a giungere presso la Villa di Dioniso, della quale è stato individuato un ampio triclinio – la sala di rappresentanza – che era pavimentato con un mosaico raffigurante il dio oggi esposto in uno stabile vicino al Museo e gli ambienti di un impianto termale privato: una sala che da sola misurava 100 mq. L’edificio era piuttosto grande, con ingresso sulla strada che immetteva in due cortili susseguenti intorno ai quali si articolavano portici e ambienti vari, di servizio e cubicoli.
Il Museo Archeologico di Dion
Se la visita all’area archeologica – in particolare al settore dei santuari – è molto piacevole, il Museo archeologico – devo dirlo per onestà intellettuale – non è all’altezza della situazione. Innanzitutto costa 10 € che vanno a sommarsi al biglietto di 10 € dell’area archeologica: un totale di 20 € oggettivamente poco giustificabile. Il Museo espone le opere d’arte provenienti dai santuari, iscrizioni funerarie, gli arredi provenienti dalle case della città ellenistica e romana. Al piano terra è esposta la statuaria, divisa per contesti santuariali di riferimento, ma con ben poche spiegazioni o didascalie particolarmente illuminanti; al piano inferiore – che funge anche da laboratorio didattico – sono esposti frammenti pertinenti a varie classi di materiali, ceramica, bronzo e ferro; infine al piano superiore sono esposte ancora iscrizioni funerarie, ma soprattutto uno strumento musicale a canne in bronzo, rinvenuto nella villa di Dioniso e qui ricostruito.
Infine, in uno stabile a sé stante, è esposto il grande mosaico della sala da banchetti (triclinio) della villa di Dioniso: il mosico è effettivamente impressionante, policromo, molto fine e di grande qualità.
Concludendo: perché visitare Dion
Dion non è certo il sito archeologico più noto della Grecia. Eppure è un luogo che è stato indubbiamente importante per i re macedoni sia prima che dopo Alessandro Magno. Dal punto di vista paesaggistico, il settore dei santuari è davvero suggestivo. Non ho potuto non fare un paragone con la “mia” Portus, l’Area archeologica dei porti di Claudio e di Traiano che si trova a Fiumicino e che è un’area dalla fortissima impronta naturalistica. In questo settore, infatti, il continuo rimando con l’acqua che sommerge le opere degli uomini, il passaggio attraverso una boscaglia fresca e rigogliosa, tra il canto degli uccelli e il ronzio di insetti operosi, rende la visita una passeggiata davvero rigenerante. La vista della cicogna, poi, per quanto mi riguarda, è stata la ciliegina sulla torta.
Per chi è abituato a frequentare siti archeologici di città antiche, la visita della città romana non è senz’altro memorabile, anche perché ben poco rispetto alla superficie totale è stato portato alla luce. Ma il fatto che Dion non sia un sito mainstream non dev’essere un difetto, anzi, sono decisamente contenta di aver visitato un luogo ignoto ai più e che però ha – ripeto – un grandissimo valore (storico, immaginifico, mitologico) essendo alle pendici del Monte Olimpo. Su di me, poi, questi luoghi, come può essere il Monte Olimpo, come furono a suo tempo le Colonne d’Ercole, esercitano un fascino misto a una sorta di timore reverenziale, perché finalmente anch’io vedo luoghi talmente famosi e importanti nella Storia e nel mito, da sentirmi grata per l’opportunità che mi è stata data. E quindi ne approfitto, qui pubblicamente, per ringraziare Stefania, amica e blogger di Memorie dal Mediterraneo, per avermi accompagnato e fatto scoprire Dion e i suoi santuari.



















Che belli questi mosaici. Amo visitare le aree archeologiche e, quelle meno conosciute, conservano ancora di più fascino e bellezza!
Il nome Dion mi riconduce al videogioco di Final Fantasy XVI: è il mio personaggio preferito di questo gioco! A parte questo riferimento pop, Dion mi sembra il luogo perfetto per conoscere una parte della Grecia non banale e davvero interessante. I mosaici sono a dir poco eccezionali (io sono di parte) ma pure tutto il complesso mi sembra davvero interessante!
Adoro queste visite in aree archeologiche magari poco conosciute ma che ti fanno conoscere storie incredibili!
Saretta tra le nuvole