L’Olio è cultura. In regioni come la Liguria, e soprattutto il Ponente Ligure, l’olio è cultura nella misura in cui gli oliveti disegnano un paesaggio secolare per non dire millenario. Le colline disegnate, anzi scolpite a terrazze, le famose fasce che addirittura i Monaci di Lérins nell’Alto Medioevo avrebbero diffuso nell’immediato entroterra ligure, sono un patrimonio identitario della regione, sono il vero paesaggio della Liguria.
L’olio è cultura, ma prima ancora è stato (ed è) la produzione agricola primaria della Riviera di Ponente (un tempo c’erano anche gli agrumi, ma diciamo che l’olivo è sempre stato protagonista della scena agricola ligure).
L’olio – e l’olivo – è cultura. E si fa museo. Il Museo dell’Olivo di Imperia è il luogo che racconta la storia dell’olio, una storia lunga 7000 anni che attraversa il Mediterraneo e le sue civiltà, con i suoi molteplici usi, i suoi molteplici contenitori da trasporto e di utilizzo, il suo valore nel corso del tempo.
Il museo nasce dalla collezione di antichità di Carlo Carli, il fondatore della Olio Carli, un’azienda che a Imperia è la più nota tra gli oleifici del territorio e che nel corso dei decenni, dagli inizi del Novecento, si è imposta sul mercato grazie a un mercato particolare: tu non troverai mai l’Olio Carli al supermercato, ma lo riceverai, in qualunque parte d’Italia, direttamente a casa tua. L’Amazon dell’olio decenni prima che Jeff Bezos si svegliasse quella mattina e rivoluzionasse il mondo del commercio. Oggi Olio Carli ha anche qualche punto vendita nel Nord Italia, ma il business continua a stare nella vendita per corrispondenza (come il buon PostalMarket, per chi è quasi boomer come me).
Il Museo dell’Olivo Carlo Carli non è un museo d’impresa, diversamente da quanto si potrebbe pensare e da altri esempi di musei d’impresa, come ad esempio il Museo Piaggio di Pontedera. La storia della famiglia Carli e dell’azienda è appena accennata nell’ultima sala, alla fine del percorso. I protagonisti sono davvero l’olivo e l’olio, attraverso la collezione che Carlo Carli, da buon appassionato di ciò che lo faceva stare bene, acquistò sul mercato antiquario nei primi decenni del XX secolo. Mi fa simpatia Carlo Carli: tutto sommato la sua collezione mi ricorda la mia collezione di teiere, io amante del té quanto lui dell’olio. Con la sola differenza che lui ha creato un’azienda importante, io ho creato giusto un blog (Il mio té Blog, che ha appena compiuto 14 anni).
La visita al Museo dell’Olivo Carlo Carli
Siamo a Imperia, nel cuore della cittadina capoluogo del Ponente Ligure. L’Olio Carli occupa due isolati, uno immediatamente a ridosso della vecchia ferrovia da qualche anno dismessa, dove si trova il negozio/spaccio per la vendita al pubblico, l’altro dall’altra parte della strada ospita sia la palazzina liberty sede del museo che l’impianto industriale vero e proprio di produzione sia dell’olio che di tutti gli altri prodotti che l’azienda produce: non solo alimentari, ma anche cosmetici.
La palazzina Liberty che ospita il museo è ingentilita da una bella vetrata a tema olivo e olio, ovviamente. Il percorso di visita si apre con una sezione introduttiva che ci rimanda indietro nel tempo agli albori dell’addomesticazione della pianta: 7000 anni fa nel Vicino Oriente Antico: la storia dell’olivo si intreccia con la storia dell’invenzione dell’agricoltura e delle civiltà neolitiche. Il viaggio dell’olio attraversa i millenni e i secoli: eccolo nel Mediterraneo, in Grecia negli unguentari e balsamari, negli strigili in bronzo con i quali gli atleti delle Olimpiadi detergevano il sudore misto a polvere e olio dopo le gare; nelle lekytoi, vasi attici a forma chiusa, solitamente dipinti a figure nere o rosse, destinati a contenere olio; negli aryballoi, piccoli contenitori per unguenti, antesignani delle boccette da profumo di design di moda che ben conosciamo. Troviamo l’olio ancora nelle lucerne, fenicie e poi romane; lo troviamo su un bel mosaico di età romana imperiale piena in cui è raffigurata una scena di trasporto su nave di anfore olearie.
E poi lo troviamo effettivamente nelle anfore olearie che durante tutta la durata dell’impero romano solcavano il Mediterraneo nelle stive delle grandi navi onerarie che dalla Spagna e dall’Africa Settentrionale giungevano a Portus, il porto di Roma imperiale pronte per essere immesse sul mercato. Nel Museo dell’Olivo è ricostruita una porzione di stiva di una nave romana con copie delle anfore, mentre a vetrina sono esposte anfore olearie diverse per tipologia, quindi per epoca di produzione e per provenienza.
La collezione è organizzata per temi, all’interno dei quali si è scelto un criterio cronologico. Quando tocca al tema dell’illuminazione, ecco comparire lucerne fenicie accanto a lucerne romane di varia epoca. Quando il tema diventa la cura del corpo ecco che unguentari e balsamari la fanno da padrone. Quando invece tocca all’olio per usi rituali, come nel Cristianesimo, ecco che la collezione si sposta sulle ampolle di cristallo proprie del rito cristiano.
Accanto alla collezione archeologica e antiquaria si trovano vere e proprie ambientazioni e ricostruzioni di frantoi. E non potrebbe essere altrimenti: siamo nel Ponente Ligure, dove l’olio si produce a partire dai gumbi (i frantoi) a sangue o ad acqua; nel primo caso, il sangue indica la trazione animale: è un mulo o un asino che gira in continuo la ruota che frange le olive. Nel caso del frantoio ad acqua, invece, il sistema di rotazione della ruota è azionato dalla forza motrice dell’acqua portata grazie a un mulino. Le ricostruzioni in museo sono molto efficaci: chi non ha mai visto da vicino un gumbo (e sempre di meno se ne vedono in funzione) non ha idea di come funzionasse soprattutto in epoche neanche troppo lontane da noi: azzarderò forse, ma ancora fino a 50 anni fa il mulo era l’amico più prezioso dei frantoiani.
Visitare il Museo dell’Olivo Carlo Carli è un viaggio nel tempo, sì, ma è anche un viaggio tematico in una cultura, quella millenaria dell’olio, quella che accomuna i popoli che gravitano sul Mediterraneo molto più di quanto non si creda. Il Museo dell’Olivo di Imperia è un orgoglio della mia città natale e va a inserirsi in un’offerta culturale di una città che solo ultimamente ha deciso – e con che piglio lo sta facendo! – di puntare sul turismo culturale per diversificare e destagionalizzare una frequentazione che sennò sarebbe sempre e solo estiva e balneare. Bene così, Imperia mia!













Grazie per aver parlato di questo museo.
Compro da due anni i prodotti della ditta Carli, come il pesto genovese e i carciofini, che sono ottimi.
Mio padre comprava l’olio.
La Fratelli Carli è un’eccellenza del territorio che è riuscita a uscire dai confini del Ponente Ligure. Mi fa piacere sapere che anche tu – nonostante sia fuori regione – acquisti i suoi prodotti (i carciofini adoro!!!)
È una ditta che conosco dagli anni ottanta. È famosa e conoscevo anche una persona della provincia di Parma, che comprava l’olio.
I prodotti sono veramente ottimi e anche i prodotti Mediterraea Cosmetics lo sono.