Alla porta occidentale d’Italia: visitare Villa Hanbury e i Balzi Rossi a Ventimiglia

Ventimiglia, l’ultima località d’Italia al confine con la Francia, non è semplicemente e meramente una città di frontiera. O meglio, proprio perché lo è da almeno 2000 anni, ha una storia decisamente molto antica e interessante, che rimonta indietro nel tempo, all’età romana. Anzi, no, preromana. Anzi no, decisamente preistorica.

Questo non è un post dedicato a Ventimiglia nel suo complesso, perché mi vorrei focalizzare su due luoghi decisamente importanti e unici nel loro genere: i Giardini Botanici Hanbury e le Grotte dei Balzi Rossi; gli uni sono la creazione ottocentesca di un sir inglese che amava a tal punto l’estremo Ponente Ligure da investire nel suo sviluppo e realizzare per sé un qualcosa che fosse la riproposizione del Paradiso Terrestre; le altre sono il luogo in cui i nostri più antichi antenati, a partire dall’Homo Erectus, hanno abitato, decine di migliaia di anni fa.

Giardini Hanbury, veduta panoramica

Visitare i Giardini Hanbury

Si esce al casello di Ventimiglia, l’ultimo casello autostradale prima del confine con la Francia. Da qui si possono imboccare due vie: l’Aurelia SS 1 che passa più nell’interno, a monte della città alta di Ventimiglia, oppure la litoranea che invece la costeggia. In ogni caso bisogna superare il piccolo centro di Latte e raggiungere Capo Mortola. Qui, lungo la strada, in una curva, c’è l’ingresso ai Giardini. Non c’è molto parcheggio, bisogna arrangiarsi a lasciare l’auto lungo la strada.

I Giardini Hanbury sono un mio luogo del cuore, anche se, devo dire, li ho visitati solo 3 volte in tutta la mia vita. Però vi sono particolarmente legata perché la prima volta che li visitai, in gita in prima media, ci accompagnò un uomo meraviglioso: Libereso Guglielmi, figlio del giardiniere dello scrittore Italo Calvino. Me lo ricordo come il Gigante Buono, con quei folti capelli e la barba che tanti anni dopo avrei ritrovato nel personaggio di Agrid a Hogwarts. Quell’uomo impostò la sua visita guidata alla scoperta delle piante esotiche, provenienti da ogni parte del mondo, laddove sir Thomas Hanbury era andato a procurarsele nella seconda metà dell’Ottocento, nel corso delle sue spedizioni navali, lui che era mercante anche di té (il che me lo rende estremamente simpatico). E queste piante esotiche ce le faceva assaggiare! Io ricordo che assaggiai una foglia che sapeva di cetriolo! Ricordare questa cosa dopo 30 anni credo che sia bellissimo. Incontrai Libereso Guglielmi anni dopo, quando scavavo a Sanremo e lui, da buon umarell, era venuto a vedere il cantiere. E io lo salutai e gli raccontai quell’episodio e lui quasi si commosse perché mi ricordavo di lui. Un uomo semplice e buono. Sorrido sempre quando penso a lui.

Ma torniamo a noi. I Giardini Hanbury oggi sono gestiti dall’Università di Genova. Il biglietto è ridicolmente basso, 10 €, a fronte di un lavoro di manutenzione sulle piante che si stendono su ettari ed ettari di parco, che dal pendio scende fino alla riva del mare.

Si possono visitare i Giardini Hanbury tutto l’anno, ma sicuramente la stagione più bella è la primavera, quando la fioritura dei glicini colora di lilla vari passaggi e scorci, rendendo il luogo ancora più romantico.

Giardini Hanbury, il mausoleo moresco

Come dicevo, il percorso è in discesa. Frecce rosse indicano il sentiero da percorrere, mentre frecce blu ci guideranno al ritorno per la risalita. Immersi tra le piante, ogni tanto si aprono scorci sulla Villa che sorge più in basso, di tanto in tanto è il golfo di Ventimiglia che fa capolino tra gli alberi sul limitare del Parco. E poi si incontrano vere e proprie attrazioni architettoniche: un tempietto rotondo, la “fontana del drago”, dominata dalla statua minacciosa di un drago giapponese, il mausoleo in stile moresco e infine la Villa, cuore pulsante del giardino, in posizione panoramica, perfettamente riconoscibile nel suo bel colore arancio-rosato e avvolta, in primavera, nell’esuberante fioritura del glicine. Il glicine in questa stagione in effetti la fa da padrone: avvolge pergolati che diventano straordinarie gallerie lilla, si arrampica lungo le balaustre di scaloni monumentali, si mescola alle rose gialle selvatiche per regalare straordinarie suggestioni per gli occhi.

Giardini Hanbury, una galleria di glicini in fiore

E poi ci sono le rose; e poi c’è la “zona delle Quattro Stagioni”, così chiamata tradizionalmente, dedicata alle piante grasse, alle cactacee, ad agavi e aloe; e poi c’è l’area delle grandi conifere, e l’area degli agrumi. Il percorso si snoda in sentieri piuttosto dolci, talvolta inframmezzati da scalinate, che giungono fino al livello del mare. Prima però, si passa al di sopra dell’antico tracciato della via Julia Augusta, la strada romana che, dopo aver attraversato Ventimiglia – e lungo la quale sorse in età romana la città di Albintimilium – passa di qua in direzione della Francia, dove va a culminare a La Turbie, ai piedi del grande Trofeo di Augusto. Giunti al livello del mare troviamo un’area ristoro, attrezzata con un bar e diversi tavoli all’aperto per fare eventualmente picnic o merenda.

Giardini Hanbury, la fontana del drago

E poi ricomincia la salita, che è dolce, piacevole, sempre immersa nel verde delle piante, nel colore dei fiori, nel ronzio delle api e nel canto degli uccelli. La visita ai Giardini Hanbury dev’essere condotta all’insegna della calma e della lentezza, con la gioia di voler osservare i dettagli, di stupirsi davanti alla perfezione di un fiore, di restare ammirati davanti a uno scorcio sul mare. I Giardini Hanbury sono uno scrigno di biodiversità e di meraviglia. Un luogo sublime da visitare, da conoscere, da preservare. Una pregiata perla del Ponente Ligure.

Visitare i Balzi Rossi

A pochi km dai Giardini Hanbury, a un passo dal confine francese, quasi in riva al mare, si trova uno dei siti preistorici più importanti d’Europa: la zona archeologica delle grotte dei Balzi Rossi con l’annesso Museo preistorico.

Balzi Rossi: la falesia, la ferrovia e il mare a pochi metri

Innanzitutto una notazione paesaggistica: siamo letteralmente in riva al mare. Una falesia altissima si innalza a pochi metri dalla spiaggia: in essa si aprono delle fenditure talvolta altissime, talvolta profonde; davanti ad essa, per ampio tratto passandole all’interno, scorre la ferrovia che da Ventimiglia va in direzione della Francia: una linea ferroviaria che risale a fine Ottocento, quando le istanze della ricerca archeologica avevano poco margine contro l’avanzare della modernità (la linea ferroviaria è tuttora utilizzata, ed è straniante sentir passare il treno mentre si visita la grotta del Caviglione…). Tutto questo per dire che il paesaggio dei Balzi Rossi è davvero particolare. E soprattutto è molto diverso da come si presentava diverse migliaia di anni fa, quando le grotte che si aprono nella falesia erano frequentate dai nostri antentati: Homo Erectus, Uomo di Cro-Magnon; Homo Sapiens. Laddove oggi c’è il mare, un tempo infatti si estendeva un’ampia pianura abitata da quegli animali preistorici i cui nomi abbiamo imparato a scuola, come la tigre dai denti a sciabola o il mammuth: animali che i nostri antenati temevano oppure cacciavano. E in un caso, il cavallo, incidevano sulla parete della grotta, forse con un valore sacrale, così come avviene in un’altra grotta preistorica, in Calabria, questa volta: la Grotta del Romito a Papasidero.

Balzi Rossi, il cavallo graffito nella Grotta del Caviglione

La visita ai Balzi Rossi si struttura in due, anzi tre momenti. Innanzitutto si visita il Museo – di recente allestimento – nel quale si racconta la storia degli scavi e delle ricerche, che qui si svolgono dall’Ottocento fino ai giorni nostri. Sono esposte le sepolture rinvenute nelle grotte: la Donna del Caviglione, solo in anni recenti riconosciuta come donna, perché – e questo è un discorso interessante – seppellita 24000 anni fa con un corredo importante in genere appannaggio dei capi clan, tanto che per molti decenni si è parlato di Uomo del Caviglione (Caviglione è il nome della grotta nella quale fu rinvenuta la sepoltura). Ho parlato del tema sul mio blog di archeologia, per cui se vuoi affrontare l’argomento ti lascio il link: La Donna del Caviglione. Ci sono poi le sepolture della grotta della Barma Grande (Barma è termine mutuato dal provenzale: in francese per esempio è Baume, parola che troviamo nel nome di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, il borgo nella cui cattedrale è la tomba di Maria Maddalena), tra cui la triplice sepoltura di un uomo adulto e due adolescenti, nel cui corredo sono venute in luce collane di vertebre di pesci e denti di cervo, conchiglie d’osso e pendagli d’osso decorati.

Museo dei Balzi Rossi, la Triplice Sepoltura

C’è una seconda piccola sede museale, accanto al sentiero che sale alle grotte. L’allestimento di questa sede serve a inquadrare tutto il territorio e il periodo preistorico: sono esposti calchi di crani di vari ominidi, provenienti da diversi scavi preistorici tra Italia e Francia; inoltre c’è un focus sulle testimonianze di arte dell’Homo Sapiens che le Grotte dei Balzi Rossi hanno restituito: le cosiddette Veneri Steatopigie, cioè statuette femminili che hanno grandi seni e ancor più grandi fianchi, simbolo di fertilità, e il graffito del cavallo nella Grotta del Caviglione.

A seguire, si può vedere, senza potervi accedere, l’imbocco della Grotta della Barma Grande. Invece si può entrare, con visita accompagnata a orari specifici, la Grotta del Caviglione: è un’alta fenditura nella falesia, che è stata scavata per tutti i livelli preistorici fino allo sterile, sul quale camminiamo noi oggi. In alto sulla parete, brunita dai focolari preistorici qui accesi, si distingue – con difficoltà, certo, ma il personale di vigilanza lo indica con una lunga asta – il cavallo graffito. E riuscire a distinguerlo, tra le crepe naturali della roccia è una grande emozione: ci riporta a 40mila anni fa, quando un nostro antenato decise di rappresentare proprio quell’animale caricandolo di chissà quale valore simbolico o magari religioso. Non possiamo saperlo, ma è tutto molto molto suggestivo.

Balzi Rossi, la Grotta del Caviglione dall’interno

Ventimiglia: la porta occidentale d’Italia

Ho preso spunto per il titolo di questo post da una guida storica del Ponente Ligure, “Alla porta occidentale d’Italia” scritta da Edward e Margareth Berry, una coppia di inglesi che, come tanti, come Thomas Hanbury, diedero il loro contributo allo sviluppo urbanistico ed economico del Ponente Ligure tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Una stagione che fu davvero importante per lo sviluppo di questa parte della Liguria, che ho raccontato un po’ di tempo fa in questo post: Quando da Genova a Ventimiglia ci si metteva 6 ore… e che è un tema che mi intriga molto. Con questa guida i coniugi Berry contribuirono a diffondere la conoscenza turistica e culturale del Ponente, a beneficio degli Inglesi che trascorrevano in Riviera la stagione invernale per curare i problemi respiratori in cui incappavano in madrepatria.

Ventimiglia è la porta occidentale d’Italia. Città di confine da almeno 2000 anni, quando fu fondata Albintimilium – sul luogo dell’oppidum (villaggio fortificato) di Albion Intemelion – dai Romani lungo la via Julia Augusta, via consolare che attraversa la Regio IX Liguria per arrivare in Gallia. Della città romana oggi vi sono diverse testimonianze monumentali: tra tutte il bel teatro romano e l’Antiquarium che sorge sopra le terme nell’area archeologica di Nervia.

Poi c’è il borgo medievale, Ventimiglia alta: il borgo medievale dominato dalla bella chiesa romanica è molto simile, in realtà, ad altri borghi medievali del Ponente ligure: sorge su un’altura da cui si domina il mare, ha i classici vicoletti, i carrugi, e palazzi storici che profumano di antico e di decadenza.

Poi c’è il Forte dell’Annunziata, fuori dal borgo, posto sulla scogliera a picco sul mare. Forte napoleonico, è un museo civico che accoglie una collezione archeologica di reperti provenienti dagli scavi più antichi di Ventimiglia, condotti da Girolamo Rossi (cui è intitolato il museo, in effetti) ed è uno spazio che ospita manifestazioni di arte contemporanea.

Insomma, Ventimiglia è una città di frontiera dalle mille risorse, una meta di turismo culturale da prendere assolutamente in considerazione. La Porta Occidentale d’Italia ha tanto, tanto da raccontare.

Una risposta a "Alla porta occidentale d’Italia: visitare Villa Hanbury e i Balzi Rossi a Ventimiglia"

Add yours

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑