Itinerari del Giubileo 2025 a Roma: da Santa Croce in Gerusalemme a San Giovanni in Laterano

Qualcuno di voi, soprattutto i Romani de Roma, ironizzeranno subito: “Capirai che itinerario, stanno a 500 metri l’una dall’altra!“. Esatto, tutto vero, ma in questi 500 metri si sono sviluppati secoli e secoli di storia di Roma prima, del Cristianesimo poi e d’Italia infine: una storia che va raccontata e che va conosciuta.

Ci portiamo avanti col lavoro: il 2025 sarà l’anno giubilare e sia Santa Croce in Gerusalemme che San Giovanni in Laterano fanno parte del circuito delle Sette Chiese. Inoltre, San Giovanni in Laterano è – in quanto prima sede della dimora papale, prima ancora che il Vaticano – una delle chiese giubilari, la cui Porta Santa resta aperta solo nell’anno del Giubileo.

Dal Sessorium a Santa Croce in Gerusalemme

Ci troviamo in un’area che già in età imperiale era fortemente antropizzata. Per dirla tutta, qui sorgevano gli Horti Variani Ad spem veterem, che ricordavano nel nome un antico tempio a Venere eretto qui, in un’area a vocazione sepolcrale (Porta Maggiore, col sepolcro monumentale del fornaio Eurisace è esemplare in tal senso). Vario era il padre di Elagabalo, l’ultimo della dinastia degli imperatori Severi, personaggio dipinto dalle fonti a lui contemporanee e successive come lascivo, inadatto al governo, dedito ai piaceri carnali più scandalosi, per nulla attratto dall’esercizio serio del potere imperiale.

Ucciso Elagabalo, la tenuta imperiale degli Horti Variani – che comprendeva il palazzo (chiamato Domus Sessoriana), un complesso termale, un circo, un anfiteatro (che divenne poi l’Anfiteatro Castrense) – andò in abbandono. Quando nella seconda metà del III secolo Aureliano fece erigere le Mura Aureliane per cingere l’intera città, esse non si preoccuparono di inglobare l’anfiteatro (che anzi divenne un castrum, un bastione legato alle funzioni militari della nuova cinta, da cui il nome di Anfiteatro Castrense, né di tagliare a metà Domus Sessoriana e circo. Poi, in età costantiniana, all’inizio del IV secolo, ciò che restava – ed era molto comunque – delle antiche proprietà severiane fu acquisito da Elena, la madre di Costantino.

Il tratto di Mura Aureliane tra Santa Croce in Gerusalemme e San Giovanni in Laterano. Sullo sfondo il campanile di Santa Croce in Gerusalemme

Elena, devota a Cristo ben prima della conversione del figlio (su cui torneremo), era stata devota pellegrina a Gerusalemme, e da qui aveva riportato sacchi di terra del Golgota, cioè del monte su cui era stato crocifisso il Messia e poi frammenti della vera croce. Tutto ciò si trova oggi custodito entro la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, che sorge sopra quella Domus Sessoriana che Elena aveva trasformato in domus ecclesiae, cioè in luogo di culto cristiano agli albori del cristianesimo.

La chiesa attuale ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso dei secoli, che le hanno conferito l’aspetto attuale: una facciata ondulata in stile barocco, superata la quale si accede in un androne sormontato da una cupola ellittica; infine si entra in chiesa che, pur se variamente restaurata nel corso dei secoli, conserva i pavimenti in stile cosmatesco di XII secolo e le colonne in marmo e porfido di reimpiego da edifici romani preesistenti. All’esterno si conserva il campanile romanico di XII secolo. Alle spalle dell’altare sormontato da un monumentale ciborio l’abside è affrescata nel XV secolo dal pittore Antoniazzo Romano la storia della Vera Croce, cioè il racconto a tinte davvero vivide della ricerca della santa reliquia da parte di Elena, che è raffigurata nel centro, proprio al di sotto della grande mandorla nella quale è raffigurato Cristo benedicente.

L’abside di Santa Croce in Gerusalemme

Ma soffermiamoci un attimo sul pavimento. Impossibile non restare a bocca aperta. Io perlomeno, ogni volta mi commuovo ad ammirare cotanta maestria. Questo è un pavimento in stile cosmatesco. Risale al XII secolo, deve il nome ai maestri Cosmati che per primi inventarono questa tecnica di rivestimento pavimentale per la quale utilizzarono materiali che trovavano in grande abbondanza in una Roma ricchissima di edifici un tempo maestosi e ormai in rovina, vere e proprie cave di marmo a cielo aperto. Qui i maestri Cosmati trovano tutto ciò che serve loro: marmo bianco di Luni (oggi noto come marmo di Carrara), serpentino verde, porfido violaceo, giallo antico. E dove il colore del marmo non arriva, si rivolgono alla pasta vitrea e alla foglia d’oro. Questi marmi vengono tagliati a lastre sottili e montati in modo da regalare forme geometriche sempre nuove, sempre diverse. Per me i pavimenti cosmateschi sono una meraviglia: soprattutto sono immediatamente riconoscibili e si datano a un’epoca specifica: il XII secolo. A Roma pavimenti cosmateschi si trovano, per esempio, a San Giovanni in Laterano (che vedremo a breve), a Santa Maria in Trastevere, a San Paolo fuori le Mura, a Santa Maria Maggiore. Fuori Roma li ho incontrati a Civita Castellana, in Tuscia, e nella chiesa di San Pietro ad Alba Fucens, in Abruzzo.

Dettaglio dal pavimento cosmatesco di Santa Croce in Gerusalemme

Il cuore della chiesa è però la cappella di Sant’Elena. Un piccolo ambiente, coperto da un ricchissimo soffitto a mosaico realizzato da Baldassarre Peruzzi su disegno di Michelozzo da Forlì, dove, entro cornici dorate, sono raffigurati Cristo centrale con i 4 evangelisti; vi sono poi sugli archi le figure di Pietro, Paolo, Sant’Elena e San Silvestro, il papa che battezzò Costantino. In mezzo alle figure, tra cornici floreali e ricche di frutti, si trovano anche uccelli quali pavoni e pappagalli sudamericani: il soffitto, realizzato nel Cinquecento, l’artista recepisce gli animali esotici che arrivano dalle Americhe. La statua di Sant’Elena è interessante: si tratta in realtà di una statua di età romana raffigurante Giunone e proveniente da Ostia, che è stata rilavorata con l’aggiunta dell’attributo della croce. Infine, grazie a un vetro nel pavimento, possiamo vedere (condensa per l’umidità permettendo) il livello pavimentale tardoantico, sul quale Sant’Elena aveva fatto spargere la terra del Golgota.

La statua di Sant’Elena nella cappella a lei intitolata in Santa Croce in Gerusalemme

Abbiamo parlato di reliquie che Elena portò da Gerusalemme: ma dove si trovano? Un vero e proprio museo delle reliquie si trova dalla parte opposta rispetto alla cappella di Sant’Elena. Qui si trovano, ciascuno nei propri reliquiari, il frammento di legno della croce, il titulus, cioè la famosa scritta Inri che campeggiava sopra la testa coronata di spine di Gesù crocifisso, un chiodo della croce e, naturalmente, spine di quella famosa corona simbolo da 2000 anni della sofferenza con la S maiuscola.

Camminando da Santa Croce in Gerusalemme a San Giovanni in Laterano

Uscendo dalla chiesa, se ci interessa approfondire la fase romana del complesso, antecedente il luogo di culto cristiano, c’è la possibilità di visitare la Domus Sessoriana, o ciò che ne resta. Proseguendo non possiamo non notare una struttura dall’andamento circolare che si trova proprio qui accanto: è proprio l’Anfiteatro Castrense, trasformato da secoli in orti e giardini per i monaci cistercensi che per secoli hanno retto Santa Croce in Gerusalemme e il monastero annesso. Per meglio apprezzare l’Anfiteatro Castrense occorre proseguire fino all’attraversamento stradale e qui passare sotto l’arco aperto nelle mura: appare la struttura muraria in laterizi, con le arcate tamponate nel momento in cui l’anfiteatro fu inglobato nelle mura, e con le semicolonne in laterizio con basi in travertino che sembrano fluttuare mentre, semplicemente, è stata messa a nudo la fondazione dell’edificio.

L’Anfiteatro Castrense

Torniamo sui nostri passi, attraversiamo la strada e percorriamo un bel giardino che si sviluppa lungo le Mura Aureliane, che in questo tratto – rispetto ad altre aree della città – si conservano proprio bene e anzi hanno condizionato lo sviluppo urbanistico successivo fino a noi. Il parco urbano è una gradevole passeggiata nel verde, cromaticamente arricchita dal contrasto tra il verde delle foglie, il colore dei fiori e il rosso/arancio dei laterizi delle mura. C’è dell’instagram, credetemi.

Si arriva infine sul grande incrocio stradale che ci separa da San Giovanni in Laterano. Qui un grande gruppo statuario raffigura San Francesco con i suoi fedelissimi che giunge a Roma per far approvare la sua Regola dal Papa. La cosa si svolse in effetti a San Giovanni in Laterano che all’epoca, la prima metà del Duecento, era la vera sede papale.

Il gruppo scultoreo che celebra l’approvazione della Regola di San Francesco che avvenne a San Giovanni in Laterano

E allora superiamo l’incrocio e arriviamo sulla piazza di San Giovanni in Laterano. Davanti a noi la maestosa facciata neoclassica del più importante delle basiliche cristiane di Roma. Dopo San Pietro, si intende. Anzi no, prima. Perché San Giovanni in Laterano è stata la prima vera basilica cristiana, la cui costruzione fu voluta, manco a dirlo, dall’imperatore Costantino. San Giovanni in Laterano è stata in assoluto la prima basilica cristiana della storia. E per secoli è stata la sede papale.

San Giovanni in Laterano: qualche curiosità che forse non sai

Descrivere una chiesa attraverso le curiosità insite nella sua storia o nella sua architettura forse non è il massimo, eppure è il solo modo schematico ed efficace per focalizzare i dati fondamentali. E quindi eccoli qua:

La facciata monumentale di San Giovanni in Laterano

  • Nel 774 d.C. a San Giovanni in Laterano viene battezzato il Re dei Franchi Carlo Magno, che sarà poi definitivamente incoronato nella notte di Natale dell’800 d.C.
  • Inizi del X secolo: a San Giovanni in Laterano si svolge il “sinodo del cadavere“: Papa Formoso, accusato di aver fatto accordi coi nemici Germani, dopo la sua morte non fu onorato come i papi a lui precedenti, né come ai successori: la sua salma invece fu riesumata, il cadavere vestito da papa fu costretto ad assistere al processo intentato contro di lui. Potrebbe finire lì, e invece il cadavere del papa viene ritenuto colpevole: questo significa che gli vengono amputate le tre dita tipiche della benedizione cristiana e che il cadavere viene buttato senza tanti complimenti nel Tevere.
  • La porta principale: gigantesca, in bronzo, eppure non realizzata ad hoc, ma un reimpiego: si tratta infatti delle due ante della porta bronzea che a suo tempo chiudeva la Curia Iulia nel Foro Romano. La porta risale in realtà ad età dioclezianea, dunque alla fine del III secolo, ma ciò non toglie suggestione e valore simbolico a questa porta che da luogo decisionale e politico per eccellenza (nella Curia si riuniva il Senato) divenne varco per entrare in una delle più importanti chiese del Cristianesimo.
  • Un pezzettino di Giotto: ebbene sì, su una colonna della navata destra si conservano lacerti di un affresco che è stato attribuito a Giotto, il maestro che ad Assisi dipinse tutto il ciclo della vita di San Francesco e che nella Cappella degli Scrovegni di Padova dipinse il ciclo della vita di Gesù. Nel lacerto conservato si vede un papa che benedice un frate tonsurato che tiene in mano un testo: si tratta dell’approvazione della Regola di San Francesco da parte del papa Onorio III. Correva l’anno 1223
  • Anche qui il pavimento in stile cosmatesco la fa da padrone, con le sue elegantissime geometrie di marmi policromi. Una meraviglia per gli occhi alla quale non mi assuefo mai. Abbassate lo sguardo, guardate bene dove mettete i piedi: vi dispiacerà quasi calpestarla quest’opera d’arte di marmo.
  • Dopo aver abbassato lo sguardo ora alzatelo: il soffitto cassettonato in cui domina l’oro delle cornici e il blu dello sfondo nel quale sono raffigurati simboli vari e stemmi papali. Anche il soffitto lascia a bocca aperta per l’opulenza che l’oro e la luce suggeriscono. Del resto non mi aspetto niente di diverso dalla chiesa che per secoli fu sede del Papa.
L’interno di San Giovanni in Laterano

La Scala Santa

Sul lato opposto rispetto alla facciata della Basilica di San Giovanni si trova la Scala Santa. Secondo la leggenda di origine medievale i 28 gradini che costituiscono la Scala Santa sono quelli che calcò Gesù Cristo per raggiungere il luogo in cui l’avrebbe interrogato Ponzio Pilato. Sempre secondo la leggenda questa scala fu portata, quale reliquia monumentale sempre da Sant’Elena, storicamente la più grande spacciatrice di reliquie – e che reliquie! – della cristianità.

La Scala Santa è inserita all’interno di un edificio edificato alla fine del XVI secolo per volere di papa Sisto V e in realtà essa è solo un elemento all’interno di un complesso ben più strutturato, fatto di altre scale, di cappelle e di oratori. La cosa che colpisce, però, è che i pellegrini salgono i 28 scalini in ginocchio fino in cima. Una prova fisica prima ancora che di devozione, soprattutto per chi non è allenato. Non sono ragazzini a salire la scala, ma persone di ogni età, non sempre e non necessariamente atleti o frequentatori di palestre (provate a salire voi dei gradini di una scala in ginocchio). Personalmente mi ha ricordato un’altra prova davvero tremenda: quella dei fedeli che nel Santuario di Fatima, in Portogallo, percorrevano tutta la via in ginocchio, sulla strada sterrata e potenzialmente sporca di sassolini aguzzi, di spine e di non so cos’altro. Vidi questa scena durante il mio inter rail nel 2003, e rimasi davvero colpita. A distanza di più di 20 anni rimango ugualmente colpita di fronte alle gesta che la devozione è in grado di far compiere alle persone.

Il Battistero Lateranense di San Giovanni in Fonte

Alle spalle del complesso di San Giovanni in Laterano si trova il battistero monumentale che era annesso alla basilica paleocristiana. Questo è il battistero dei battisteri, cioè il battistero più antico, che fece da modello per tutti i battisteri monumentali a pianta ottagonale. Fu innalzato infatti già durante il regno di Costantino ed è uno dei più antichi luoghi di culto cristiani a pianta centrale (fino a quel momento l’architettura paleocristiana prevedeva soltanto la forma basilicale, cioè un edificio a tre navate – mutuato dalla basilica dell’architettura romana, che però era un edificio civile – con un’abside sul fondo). Dopo la prima fase costantiniana (I metà del IV secolo), fu ricostruito alla metà circa del V secolo da papa Sisto III che lo dotò di un colonnato interno. Anche questo edificio ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso dei secoli, fino alla decorazione interna attuale, risalente al XVII secolo, che racconta scene della vita di Costantino (tra cui, ovviamente, il sogno in cui all’imperatore apparve il monogramma cristiano accompagnato dalla voce “in hoc signo vinces” – “con questo segno vincerai” la sera prima della battaglia definitiva, quella del Ponte Milvio contro l’antagonista Massenzio).

Battistero Lateranense di San Giovanni in Fonte: il sogno di Costantino

Questo che vi ho proposto è un itinerario che davvero si svolge in uno spazio di 500, forse 700 metri a voler esagerare. Ma quant’è denso di storia e di storia del Cristianesimo! Si parte dalle radici cristiane più antiche, con Elena, la madre di Costantino che sicuramente esercitò un’influenza in tal senso sulle scelte successive del figlio; si prosegue con Costantino che sicuramente per opportunità politica, non certo per conversione, decide di rendere i Cristiani liberi di professare la propria religione accanto ai pagani che ancora veneravano gli antichi dei e gli imperatori divinizzati; si va avanti poi con la realizzazione pratica, in forme architettoniche, di questa nuova tendenza: la costruzione di San Giovanni in Laterano, a seguire di Santa Croce in Gerusalemme che comunque era già, mentre era in vita Elena, una domus ecclesiae, quindi una casa, definiamola così, in cui si celebravano i riti cristiani; infine la costruzione del primo battistero, in forme peraltro monumentali, che risale già all’epoca di Costantino. Una storia davvero importante, che si è svolta e sviluppata nell’arco di poche centinaia di metri. Un itinerario, breve ma intenso, che vi consiglio di percorrere.

2 risposte a "Itinerari del Giubileo 2025 a Roma: da Santa Croce in Gerusalemme a San Giovanni in Laterano"

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