Visitare Palazzo Vecchio: 12 curiosità e bizzarrie da raccontare per fare bella figura

Se hai letto il mio post dedicato a Palazzo Vecchio, hai già avuto un’infarinatura utile per organizzare la tua visita al più importante palazzo di Firenze, nonché vera culla del Rinascimento. In questo post voglio fare un passo in più. Perché è facile visitare Palazzo Vecchio, leggere i pannelli, seguire ciò che c’è scritto sulle guide e fare foto. Più difficile è invece fermarsi a osservare i singoli particolari, lasciarsi incuriosire e fermarsi a osservare un dettaglio bizzarro. Ti assicuro che di dettagli bizzarri, e curiosi, tra le stanze di Palazzo Vecchio ce ne sono eccome.

Ecco qui di seguito le 12 curiosità e bizzarrie che ti faranno fare bella figura quando visiterai Palazzo Vecchio:

  1. 1 – L’importuno che osò disturbare Michelangelo, sulla facciata di Palazzo Vecchio
  2. 2 – Cerca Trova, la misteriosa didascalia lasciata dal Vasari 🔍
  3. 3 – Una giraffa nel ritratto di Lorenzo il Magnifico 🦒
  4. 4 – Un cane fa la cacca 💩 in un affresco della Sala di Leone X 😱
  5. 5 – Mascheroni sulle piastrelle della Sala di Leone X 👹
  6. 6 – Una copia della Notte di Michelangelo nella Sala degli Elementi
  7. 7 – Il gufo nel camino della Sala degli Elementi
  8. 8 – I calzari fashion di Mosé nella Cappella di Eleonora di Toledo
  9. 9 – Il pappagallo a grottesche negli appartamenti di Eleonora di Toledo
  10. 10 – L’Arno con le alghe in testa
  11. 11 – Elefanti, leoni e altre amenità nella Sala delle Carte Geografiche
  12. 12 – Il leoncino spaurito che non ha niente a che vedere col Marzocco

1 – L’importuno che osò disturbare Michelangelo, sulla facciata di Palazzo Vecchio

Sulla facciata di Palazzo Vecchio, verso l’angolo in direzione degli Uffizi, una delle pietre della facciata presenta una forma un po’ particolare: un profilo per la precisione, di un uomo. L’incisione è attribuita tradizionalmente a Michelangelo il quale avrebbe ritratto qui, per noia, il profilo di un seccatore che gli rompeva le scatole. Io mi immagino un umarell di oggi che guarda i lavori pubblici dando consigli agli operai su come agire. Ecco, io me l’immagino mentre dice al Siòr Michelangelo come scolpire al meglio quella testona del David. E mi immagino Michelangelo che gli dice “sì sì” e intanto gli fa la caricatura sul muro. Una caricatura che è rimasta incisa per sempre (o almeno finora) sulla facciata di Palazzo Vecchio.

2 – Cerca Trova, la misteriosa didascalia lasciata dal Vasari 🔍

Per scovare questo dettaglio ti ci vuole un binocolo, in effetti, perché la scritta cui mi riferisco sta molto in alto e non è di grandi dimensioni.

Siamo all’interno del Salone de’ Cinquecento, il grande salone con cui si apre la visita a Palazzo Vecchio, affrescato dal Vasari con grandi scene di battaglie importanti della storia di Firenze. Prima di Vasari, però, avevano lavorato nella sala due artisti davanti ai quali Vasari (non me ne voglia) scompare: Michelangelo Buonarroti e Leonardo da Vinci.

In particolare si sa che Leonardo avrebbe dipinto nel Salone una Battaglia di Anghiari prima della ristrutturazione del palazzo voluta da Cosimo I. Con la ristrutturazione, e ampliamento del Salone de’ Cinquecento, gli affreschi che decoravano precedentemente il Salone furono coperti? Distrutti? Cancellati? Il mistero della Battaglia di Anghiari di Leonardo ha interessato spesso gli storici dell’arte ed è stato riportato alla ribalta anche in anni recenti, quand’era sindaco di Firenze Matteo Renzi… In sostanza una teoria sostiene che la Battaglia di Anghiari di Leonardo non sia distrutta, ma sia nascosta sotto uno dei grandi affreschi fatti dal Vasari, la Battaglia di Marciano in Val di Chiana, che si trova – per vederla subito – sul lato di fronte a chi entra nel Salone, il primo da destra. Questa teoria è suffragata dal fatto che su un vessillo verde – un dettaglio minuscolo per chi guarda l’affresco – è scritto “CERCA TROVA”. Attorno a questo “Cerca Trova” si sono scatenate quante più ipotesi di interpretazioni, e quella più affascinante – ma poco provabile, a meno di distruggere l’opera di Vasari, è che la Battaglia di Anghiari di Leonardo si trovi esattamente sotto questo dipinto di Vasari (oppure che sia stata traslata e nascosta altrove) e che quella scritta sia un indizio.

Secondo alcuni, dietro questo affresco del Vasari si nasconderebbe la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci

In realtà c’è anche un’altra spiegazione per “cerca trova” e forse anche più d’una: c’è chi tira in ballo Dante Alighieri e chi invece pensa che si tratti di un anagramma di Torre Vacca, il nome col quale era conosciuta la Torre di Arnolfo che domina Palazzo Vecchio. In ogni caso, un’altra ipotesi, non direttamente legata alla scritta, dice che la Battaglia di Anghiari fu coperta/distrutta/traslata/sostituita perché pur essendo una battaglia importante per la storia di Firenze, si riferiva però al periodo della Repubblica di Firenze, quel periodo intermedio che aveva deposto la Signoria dei Medici dopo la morte di Lorenzo il Magnifico e che a sua volta era caduta con l’ascesa di Cosimo I. Una vittoria scomoda, dunque, pertanto un capitolo storico sacrificabile.

Io non sono in grado di dare la soluzione di questo enigma, ammesso che lo sia, ma esso è spia di quanto, dopotutto, l’arte sappia essere misteriosa e affascinante.

3 – Una giraffa nel ritratto di Lorenzo il Magnifico 🦒

Nel Quartiere di Leone X si apre una serie di stanze dedicate agli uomini illustri della dinastia dei Medici. Alla sala di Cosimo il Vecchio, il banchiere che diede l’avvio alla Signoria dei Medici a Firenze, segue la sala di Lorenzo il Magnifico, il personaggio più noto della famiglia Medici (ingiustamente, però: perché Cosimo I è stato il grande Signore di Firenze, dopo la restaurazione della Signoria e la breve parentesi della Repubblica di Savonarola che aveva cacciato i Medici, cui accennavo anche prima).

Si tratta di una sala piccola, a pianta quadrata, coperta da una volta a crociera affrescata. Ed è in questo affresco che si cela il nostro dettaglio curioso: in esso è raffigurato Lorenzo il Magnifico, il cui ritratto è riconoscibilissimo, con quel naso adunco, l’occhio semichiuso e il capello lungo. Il soggetto è proprio Lorenzo che riceve ambascerie dagli stati stranieri più potenti dell’epoca. Potremmo immaginarci il re di Spagna, di Francia, d’Inghilterra e di Germania. Invece troviamo una giraffa, segno che i rapporti commerciali dei Medici all’epoca arrivavano fino all’Africa mediterranea.

Lorenzo il Magnifico riceve i doni (tra cui una giraffa) da parte degli ambasciatori degli stati stranieri

Questa giraffa non è uno sghiribizzo dell’artista: una giraffa fu effettivamente donata a Lorenzo il Magnifico nel 1487 dall’Ambasciatore del Sultano d’Egitto. L’arrivo della giraffa fece molto scalpore e fu immortalata nell’arte non solo a Palazzo Vecchio, ma anche in altre opere pittoriche dell’epoca. La storia della giraffa non fu felice come la sua fortuna: dopo appena un anno dal suo arrivo, la poverina si ruppe il collo rimanendo incastrata tra le travi del soffitto delle Scuderie di una villa Medicea, forse quella di Poggio a Caiano.

4 – Un cane fa la cacca 💩 in un affresco della Sala di Leone X 😱

Io davvero non volevo credere ai miei occhi. Ma veramente c’è un cane che fa la cacca su questo affresco? Ma è un affresco sacro, che celebra la visita di papa Leone X, esponente della famiglia Medici, a Firenze in Piazza della Signoria! E soprattutto l’affresco arricchisce una parete della Sala di Leone X! Ma quindi? Ho visto bene?

Dettaglio dalla sala di Leone X. Opera di Jan van der Straet

Oh sì, ho visto proprio bene. Durante una cerimonia religiosa e civica importante, che si celebra nella piazza più importante di Firenze, davanti alla popolazione, alla corte dei Medici e a un’umanità più o meno variegata, trova spazio anche una scena assolutamente normale, eppure dissacrante: un cane di grossa taglia fa la cacca davanti all’ingresso di Palazzo Vecchio. L’autore dell’affresco è un pittore fiammingo, Jan van der Straet, noto in Italia come Giovanni Stradano. Giovanni Stradano realizza più di un’opera a Palazzo Vecchio, compresi “I fuochi di San Giovanni” che decorano una piccola porzione della parete del corridoio che dal quartiere di Leone X conduce al Quartiere di Cosimo I. E dei fiamminghi è nota l’attenzione ai dettagli, al realismo delle situazioni nelle scene corali, per cercare il più possibile la varietà e il “cogliere l’attimo”. Ma devo dire che qui mi sembra che l’abbia fatta fuori dal vaso, ecco. E perdonatemi il gioco di parole.

5 – Mascheroni sulle piastrelle della Sala di Leone X 👹

La Sala di Leone X regala altri dettagli degni di nota, certo meno coloriti del cane che fa la cacca che abbiamo visto prima.

Questa volta dobbiamo guardare per terra: scopriremo che sul pavimento in cotto è realizzato un quadrato centrale che vede agli angoli 4 mascheroni con funzione apotropaica, ovvero di portafortuna. Il pavimento della sala è a prescindere molto bello, come del resto diversi pavimenti in altre sale di Palazzo Vecchio rivelano uguale cura compositiva, opera di artigiani specializzati. Del resto nella vicina Impruneta la tradizione della produzione del cotto è molto antica.

Si trovano altre piastrelle figurate anche in altre sale di Palazzo Vecchio. In un caso, oltre alle maschere beneauguranti, è raffigurata la tartaruga con la vela, animale simbolico per la famiglia Medici, in particolare per Cosimo I. La tartaruga con la vela, infatti, è simbolo della lentezza e della prudenza, quindi della temperanza, ed è associata al motto Festìna Lente, attribuito al primo imperatore romano Augusto, ma che fu fatto proprio da Cosimo I. E infatti la tartaruga con la vela si incontra più di una volta a Palazzo Vecchio.

Il pavimento in cotto nella Sala di Leone X

6 – Una copia della Notte di Michelangelo nella Sala degli Elementi

La Sala degli Elementi è la sala più grande del Quartiere di Cosimo I. In esso il tema iconografico delle pitture delle pareti e del soffitto è quello degli elementi: tema filosofico, ma che al tempo stesso ci dice che la Dinastia Medici ha portato la pace e il suo dominio sui quattro elementi (terra, aria, acqua, fuoco) che costituiscono il mondo e in qualche modo si fa garante del suo funzionamento. Il messaggio politico propagandistico è forte e chiaro.

Tra i vari soggetti rappresentati (ci sarebbero da scrivere pagine per ciascuno) ce n’è uno che attira la mia attenzione: la Notte. Un momento, io l’ho già vista “questa” Notte. Certo che l’ho già vista: è la trasposizione in pittura di una scultura tra le più famose di Michelangelo: quella della Notte realizzata per la tomba di Giuliano de’ Medici nelle Cappelle Medicee. Ora, rispetto alla scultura, la Notte qui raffigurata è vestita innanzitutto, e più sdraiata. Tuttavia la posa è molto simile, così come la distanza tra i seni e il volto poggiato sulla mano, segno di una persona che si addormenta in attesa di qualcosa. La citazione col modello michelangiolesco per me è molto stringente.

La Notte ritratta nella Sala degli Elementi si ispira alla Notte delle Cappelle Medicee di Michelangelo Buonarroti

Tra l’altro, curiosità nella curiosità: un’altra copia in pittura della Notte si trova a Firenze: a Casa Buonarroti, nientemeno, e chiaramente non realizzata da Michelangelo, ma commissionata dal suo discendente, proprietario della casa e desideroso di celebrare il suo illustre antenato.

7 – Il gufo nel camino della Sala degli Elementi

Se stacchi gli occhi dal soffitto della Sala degli Elementi e guardi il caminetto della stanza noterai una cosa abbastanza buffa: sul muro di fondo (il caminetto è stato murato a un certo punto della sua storia, e ha smesso di svolgere la sua funzione) sono incise diverse cose, tra figure e lettere e parole non sempre distinguibili. Graffiti storicizzati (cioè non scritti negli ultimi 40 anni) si trovano un po’ ovunque sulle pareti di Palazzo Vecchio (anche sull’affresco col cane di cui sopra), ma qui non abbiamo semplicemente un graffito, abbiamo una vera e propria raffigurazione: due uccelli, di cui uno è chiaramente un gufo, mentre l’altra, a giudicare dalla coda, potrebbe essere una gazza. Si trovano poi altri uccelli graffiti, venuti piuttosto male. Non so quale sia il significato del gufo e della (presunta) gazza, né so chi li abbia graffiti e quando su questo caminetto. Tuttavia è un dettaglio che mi ha fatto voltare lo sguardo, mi ha incuriosito, e perciò ve lo racconto.

Il gufo graffito sul camino della Sala degli Elementi

8 – I calzari fashion di Mosé nella Cappella di Eleonora di Toledo

Aaaaaah! Devi sapere che io sono grande fan di un brand di scarpe made in England che si chiama Irregular Choice: il perché del nome lo si capisce anche solo a scorrere l’instagram del brand: scarpe improbabili, molto eccentriche eppure spesso e volentieri a mio giudizio meravigliose! Ecco, Mi sono tornate in mente le Irregular Choice mentre mi trovavo a Palazzo Vecchio. In particolare mi trovavo negli appartamenti di Eleonora di Toledo moglie di Cosimo I. E già ti sento che commenti “eh ti credo, la Signora avrà voluto le scarpe più alla moda del momento!” Sicuramente, non lo nego. Eppure non sono le scarpe di Eleonora che hanno attirato la mia attenzione. Ma le scarpe di Mosé.

I calzari fa vo lo si di Mosé nella Cappella di Eleonora di Toledo

Ok, ok, mi spiego. Nella cappella privata del quartiere di Eleonora di Toledo, piccola e raccolta, coloratissima per gli affreschi eseguiti dal Bronzino, mi è saltato all’occhio lo stivaletto azzurro acceso che calza Mosé nella scena della separazione delle acque del Mar Morto. Io pubblico qui la foto del dettaglio dello stivaletto. Non faccio ulteriori commenti. Chiedo solo a Irregular Choice, se mai trarrà ispirazione da questo calzare, di pagarmi una fee per averglielo suggerito.

9 – Il pappagallo a grottesche negli appartamenti di Eleonora di Toledo

Con il termine “grottesche” si intende lo stile pittorico che si sviluppa nel Rinascimento e avrà successo anche nei due secoli successivi, in seguito alla scoperta degli affreschi di età romana della Domus Aurea di Roma da parte di Raffaello. Raffaello, ammaliato da quelle pitture così stilizzate, sottili, nelle quali si mescolavano figurine umane, animali, mitologiche e divine, scenette pastorali o mitologiche, false architetture eteree e leggerissime, le ripropose nell’arte a lui contemporanea decretandone il successo.

Palazzo Vecchio è solo uno dei palazzi rinascimentali in cui i soffitti e le pareti sono ricchissimi di grottesche: anche agli Uffizi, per restare a Firenze, i soffitti dei corridoi e delle stanze sono realizzati in questo stile. Le grottesche sono l’occasione per gli artisti rinascimentali e poi manieristi e barocchi per fare esercizi di stile, scatenare la fantasia nella creazione di sempre nuove figure o nella proposizione di animali e piante anche esotici. Questo è il caso delle grottesche che affrescano il soffitto della sala verde negli appartamenti di Eleonora di Toledo: due pappagalli di profilo, rivolti verso il centro della composizione, sono coperti da una sorta di piccolo baldacchino, mentre nel centro del quadrante della volta si inserisce un baldacchino più grande, animato da ghirlande e da figure fantasiose dal busto di donna e le ali, ma senza gambe. I pappagalli sono chiaramente due pappagalli provenienti dalla foresta amazzonica, del genere Ara tanto diffuso ancora oggi in America del Sud.

Dettaglio delle grottesche negli appartamenti di Eleonora di Toledo con il pappagallo originario del Brasile

Questo dettaglio è sicuramente interessante: i Medici hanno evidentemente interessi commerciali anche verso il Nuovo Mondo, magari non direttamente all’epoca di Cosimo I, ma certo la curiosità per la nuova terra scoperta – e ancora in gran parte da scoprire – doveva affascinare la Signoria fiorentina. Quest’interesse per il Nuovo Mondo si ritrova altrove in Palazzo Vecchio, nella Sala delle Carte Geografiche, dove sono raffigurate le porzioni di America all’epoca conosciuta, e anche nella villa medicea di Poggio a Caiano, in particolare nel Museo della Natura morta allestito nella villa, in cui si trovano diversi esempi di nature morte in cui sono inseriti animali o frutti provenienti dal nuovo continente. Infine una curiosità: Ferdinando I de’ Medici, figlio di Cosimo I, quando fu al potere promosse una spedizione nelle Americhe con lo scopo di fondare un emporio fiorentino (nonché l’unico in Italia) in America del Sud. Quella spedizione riuscì, ma purtroppo al rientro della nave al porto di Livorno Ferdinando I era morto da poco tempo e il suo successore, Cosimo II, non volle proseguire l’impresa paterna.

10 – L’Arno con le alghe in testa

Nell’iconografia, dall’antichità al Rinascimento e fors’anche al Barocco, la personificazione dei fiumi è così fatta: un uomo anziano, con lunga barba e folti capelli, semisdraiato con accanto gli attributi propri della terra in cui scorre: per il Nilo ad esempio i Romani utilizzavano il grano, per il Tevere la cornucopia simbolo di prosperità; e per l’Arno? A Palazzo Vecchio incontriamo la personificazione dell’Arno nella Sala delle Udienze. E l’iconografia corrisponde: un signore anziano, semidisteso, nudo, con barba e capelli grigi, e un bel copricapo verde di alghe o foglie palustri. Il Fiume di Firenze si appoggia a una giara da cui fuoriesce acqua corrente, e tiene sollevato un drappo sotto il quale stanno i simboli di Firenze: il leone, che ricorda il Marzocco, i simboli del papato (ricordiamo che Leone X appartiene alla famiglia Medici), mentre alle spalle, sullo sfondo, sorge la città di Firenze.

La personificazione dell’Arno nella Sala delle Udienze di Palazzo Vecchio

Tra l’altro, c’è un altro luogo di Palazzo Vecchio in cui compare un vecchio nudo, con barba e capelli lunghi: è nella Sala degli Elementi, che abbiamo visto già prima: in questa sala sulla parete in cui è raffigurata l’allegoria dell’acqua, si nota proprio una figura di questo tipo, con la differenza, però, che in questo caso questo personaggio, ammesso che sia effettivamente Arno, è immerso nell’acqua fino al busto e solleva soltanto un braccio. Ma la presenza nuovamente delle alghe in testa mi ha fatto pensare che potrebbe essere anch’egli la personificazione del fiume di Firenze.

11 – Elefanti, leoni e altre amenità nella Sala delle Carte Geografiche

Chi mi conosce sa quanto io ami le carte geografiche storiche e quanto ami perdermi nei dettagli che esse nascondono o, meglio, rivelano. La Sala delle Carte Geografiche, recentemente restaurata, da questo punto di vista è ricca di piccoli dettagli.

Quelli che mi attraggono di più sono i leoni e l’elefante nella carta del Corno d’Africa. Il disegno dell’elefante è accompagnato dalla didascalia “Questa terra produce molti elefanti“: la trovo una frase tenerissima, piena di meraviglia nei confronti di un mondo lontanissimo, favoleggiato e però misurato e pieno di toponimi, quindi di indicazioni geografiche.

Ecco la regione che “produce molti elefanti” nella Sala delle Carte Geografiche

Di nuovo è interessante comprendere, attraverso le carte, la conoscenza del mondo in quel periodo: con l’America conosciuta solo in parte. E a proposito, nelle carte non si parla di America, ma di Indie Occidentali! Anche questo è un dato pazzesco dal punto di vista della storia della geografia.

12 – Il leoncino spaurito che non ha niente a che vedere col Marzocco

Dulcis in fundo, ti presento un leoncino di pietra dall’espressione talmente tenera che viene voglia di accarezzarlo come se fosse un peluche!

Il leone è simbolo della città di Firenze. Si chiama Marzocco ed è la statua realizzata da Donatello raffigurante proprio il leone simbolo della città che tiene con la zampa lo scudo con il giglio fiorentino (l’altro simbolo di Firenze). Fino al secolo scorso faceva bella mostra di sé sull’Arengario, ovvero davanti alla facciata di Palazzo Vecchio. Oggi l’originale è al Museo del Bargello, mentre davanti a Palazzo Vecchio è posta una copia (così come il David posto davanti all’ingresso di Palazzo Vecchio è una copia, mentre l’originale è esposto alle Gallerie dell’Accademia).

Il Marzocco non è l’unica statua in pietra raffigurante un leone di Firenze. Basta guardare l’accesso della Loggia dell’Orcagna, su Piazza della Signoria, per vedere che è fiancheggiata da due leoni, uno di età romana e l’altro realizzato in età rinascimentale sulla falsa riga del leone romano. Anche nel cortile interno di Palazzo Vecchio vi sono leoni di pietra, dall’espressione piuttosto minacciosa. Il leoncino che si trova a conclusione del percorso di visita di Palazzo Vecchio, laddove inizia la stretta scalinata che porta su alla Torre di Arnolfo, è piccolino e con i suoi grandi occhioni non può che fare simpatia. Non esattamente espressione di ferocia e potenza, ecco.

Una curiosità: dal XIII secolo fino al 1550 proprio sotto Palazzo Vecchio, nello scantinato, erano allevati leoni veri! Questo serraglio fu trasferito poi alla metà del Cinquecento nell’area compresa tra l’attuale SS. Annunziata e Piazza San Marco, dove rimase fino al 1777, quando fu abolito. Ricordo della presenza dei leoni a Palazzo Vecchio è in Via dei Leoni, che corre proprio alle spalle dell’edificio e degli Uffizi in direzione dell’Arno.

Sembra un leoncino spaurito, eppure tiene tra le zampe una preda questo leone sulle scale che conducono alla Torre di Arnolfo

Spero con queste curiosità di averti stuzzicato la voglia di visitare Palazzo Vecchio, o di rivisitarlo, perché no, per scoprire proprio questi dettagli. Personalmente mi sono divertita molto sia a notare questi particolari più o meno bizzarri che a raccontarli in questo articolo. Spero che sia stato lo stesso per te a leggerlo.

5 risposte a "Visitare Palazzo Vecchio: 12 curiosità e bizzarrie da raccontare per fare bella figura"

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  1. Non avevo mai sentito parlare della caricatura fatta da Michelangelo sulla facciata di Palazzo Vecchio! Una cosa da raccontare a mia figlia quando avremo la possibilità di fare una visita in città, in modo da incuriosirla!

  2. Adoro Firenze ed ho una vera passione per le curiosità e gli aneddoti storici… quindi questo articolo non poteva non attirare la mia attenzione!!! Conoscevo già la storia del ritratto scolpito da Michelangelo sul muro di Palazzo Vecchio, ma per il resto è stata una piacevolissima scoperta!

  3. Sarò sincera, quella dell’importuno è una storia che racconto spesso, con somma sorpresa dei miei interlocutori, quando vedono di persona che effettivamente il profilo c’è . Credevo fosse una curiosità già molto nota e invece posso ancora giocarmela per fare bella figura, quando vado a Firenze

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