Jaipur: cosa fare e cosa vedere nella “città rosa” del Rajasthan

Jaipur è la città più grande del Rajasthan e quella con la storia più interessante. In realtà si tratta di una storia recente. E’ stata fondata all’inizio del XVIII secolo da Jai Singh II, il maraja che salì al trono a 11 anni, nel 1688, e che fu da subito in grado di farsi apprezzare per le sue doti di sovrano, di guerriero, ma anche di amante delle arti e dell’astronomia. Quando Jai Singh II sale al trono Jaipur non esiste. La capitale del regno è Amber, dominata dall’Amber Fort e chiusa in una possente cerchia muraria. Jai Singh decide di fondare ex-novo una città, non più tra le montagne, protetta naturalmente dai rilievi montuosi, ma in valle, in pianura.

Jaipur è una città pianificata. Entro le mura si sviluppano quartieri e isolati tutti uguali e regolari, con strade diritte che si intersecano perpendicolarmente. L’architetto di Jai Singh si chiama Vidyadhar Bhattacharya e interpreta alla perfezione le idee del suo committente, dall’organizzazione geometrica della città, che pone il City Palace al centro preciso, alla realizzazione del Jantar Mantar, l’osservatorio astronomico che fu ed è vanto della città.

La nuova città, che prende il nome del fondatore, Jai, si rivela un grande successo: all’interno delle sue possenti mura i mercanti si sentono al sicuro, così come gli artigiani e così come le famiglie, le persone normali, le quali nella nuova città vedono una nuova occasione di vivere serenamente e perché no, facendo affari. Allo stesso tempo, il maraja Jai fa sì che la città diventi un centro d’eccellenza nella diffusione delle scienze e delle arti, nonché della religione.

Per le strade di Jaipur, la città rosa

Amber Fort

Poco fuori città, Amber Fort è il palazzo reale di Amer, la città-stato precedente alla costruzione di Jaipur, posto al centro di una imponente cerchia muraria che si sviluppa sulle alture circostanti, a controllo della valle.

Si sale al forte o in jeep o a dorso di elefante (soluzione che sinceramente sconsiglio). Prima di arrivare in cima si può fare una tappa intermedia al pozzo a gradoni Panna Meena Ka Kund risalente al XVI secolo.

Il pozzo a gradoni Panna Meena Ki Kund, lungo la via che sale all’Amber Fort

L’Amber Fort è decisamente imponente, si sviluppa su 4 sezioni ciascuna articolata in un padiglione e annesso cortile. Accedendo, si esce su un’amplissima corte dalla quale si sale verso il primo livello, incontrando anche il tempio di Sila Devi, divinità femminile incarnazione di Kalì o di Gurda: una dea che è bene non fare arrabbiare. Fino al 1980 in questo tempio ogni giorno veniva sacrificata una capra. Oggi le capre invece vivono tranquille sulle mura fuori del complesso monumentale.

Una capretta sulle mura dell’Amber Fort

Si sale ora al Diwam-i-Aam, la Sala delle udienze pubbliche, che è un padiglione di fitte colonne sormontate da un capitello a forma di testa di elefante capovolto. In questo palazzo vediamo l’arte Indù portata ai suoi esiti più elevati. Anche la Porta dei Leoni, che da questa terrazza immette nella successiva, è un esempio notevole di arte indiana.

Ho fotografato lei che fotografa lei, che fotografa me – Amber Fort, Jaipur (in foto: io fotografo Paola di Pasta Pizza & Scones)

Nel padiglione successivo c’è il palazzo degli specchi: interamente rivestito di frammenti di specchio e madreperla, è un inno alla luce giocato su intarsi che disegnano vasi di fiori, cornici, arabeschi di un’eleganza unica. E poi, visto che sono specchi, c’è anche la possibilità di farsi un selfie originale 😉

Selfie allo specchio nel palazzo degli specchi all’interno dell’Amber Fort

Accanto al palazzo degli specchi si apre un giardino con una bella fontana nel mezzo: oggi è spenta, ma all’epoca doveva regalare incantevoli giochi d’acqua. Si prosegue poi, di padiglione in padiglione, incontrando coppie di sposi (per amore? matrimonio combinato?) che hanno scelto l’Amber Fort per il loro servizio fotografico. Augurando loro tanta felicità ci uniamo a loro nelle danze. E la foto di gruppo scatta automaticamente.

Foto di gruppo con una giovane coppia di sposi all’Amber Fort (foto: Vi do il tiro)

La visita all’Amber Fort è un’immersione nell’architettura e nell’arte del Rajasthan. Un’arte ufficiale, dettata dai raja e sempre riproposta, grazie ai restauri che integrano completamente (falsificando, forse, talvolta) l’originale. Ma il bello di Jaipur deve ancora venire.

Gatore Ki Chhatriyan

Gatore è il posto di cui mi sono innamorata: in realtà sarebbe un luogo tristissimo: un cimitero, anzi cenotafio dei maraja e dei loro congiunti, nonché il luogo della loro cremazione. E’ il luogo di cremazione anche di Jai Singh II, il maraja che ha costruito Jaipur. Di fatto è un luogo di pace (Gatore significa in effetti “riposo in pace”), di quiete, dove si alternano padiglioni eleganti e finemente istoriati a cortili piacevoli dove passeggiare in tutta tranquillità. Gatore Ki Chhatriyan è il classico luogo in cui non te l’aspetti, ma potrebbe davvero sbucare fuori il tuo maraja pronto a portarti via sul suo cavallo bianco. Molto romantico.

Il padiglione centrale del Gatore Ki Chhatriyan: non è bellissimo?

Gatore Ki Chhatriyan è un luogo davvero instagrammabile, fuori dai percorsi turistici internazionali. Il merito della sua scoperta è di Virginia di Travel Gudu, che l’ha visto su instagram. La nostra guida è stata lieta di accompagnarci, ma se Virginia non l’avesse mai visto su instagram noi non avremmo mai fatto quest’esperienza. Invece questo sito rientra a pieno titolo nella mia top ten del Rajasthan. E forse sta sul podio.

Poi torni alla realtà, però. E vedi da lontano, perché non ci si può arrivare, il bel palazzo in mezzo al lago, Jal Mahal. Bello, suggestivo, ma troppo pieno di inutili venditori di souvenir. Molto meglio rifugiarsi a Gatore Ki Chhatriyan, frequentato soltanto dai locali e da pochi audaci turisti. Sì, sto parlando di me e delle travel blogger italiane che con me hanno vissuto quest’avventura.

Jal Mahal, il bel palazzo in mezzo al lago

City Palace e Jantar Mantar

Il City Palace è il cuore monumentale, ma anche politico, di Jaipur: è il palazzo reale, costruito esattamente al centro della città rosa fortificata. Si articola in una serie di padiglioni e di cortili costruiti tra il 1729 e il 1732 dal Maraja Jai Sing II. L’intera struttura è musealizzata e al suo interno ospita a sua volta dei musei, come quello delle stoffe e dei tessuti ospitato all’interno del Mubarak Mahal, o l’armeria reale, o ancora il Diwan-I-Aam che ospita una galleria d’arte ed è di fatto la sala delle udienze pubbliche, nella quale fa bella mostra di sé il trono del Maraja.

City Palace, Diwan-I-Khas

Tra gli elementi più architettonicamente e artisticamente rilevanti si segnalano il bel padiglione del Diwan-I-Khas, per le udienze private, che di fatto è una foresta di colonnine che sorreggono volte finissime e il cosiddetto cortile dei pavoni, sul quale si aprono quattro porte tutte finemente decorate, tra cui quella con i pavoni, che sono dedicate alle quattro stagioni.

Il Jantar Mantar è il sogno realizzato dal Maraja astronomo: abbiamo detto che Jai Singh II si dilettava di astronomia e astrologia: ed ecco che fa realizzare, accanto al palazzo reale, un monumentale parco tematico dove letteralmente fa costruire monumentali strumenti astronomici sia di misurazione solare e degli astri, che per calcoli vari, a partire dalla meridiana per la misurazione del tempo fino ad arrivare ai quadranti gnomonici che misurano le coordinate eclittiche di stelle, pianeti e tutti i dodici sistemi di costellazioni (e quindi dei segni zodiacali). Per visitare questo sito e capirci qualcosa occorre affidarsi a una guida che fa apprezzare l’altissimo livello delle conoscenze in materia di astronomia e di calcolo ben prima degli strumenti elettronici attuali.

Una vista d’insieme di alcuni dei monumentali strumenti di misurazione astronomica del Jantar Mantar

Il palazzo più bello: Hawa Mahal

Eh sì, l’Hawa Mahal sembra fatto apposta per l’instagram o per il selfie da sogno. Però di mattina, non di pomeriggio, quando il sole tramonta esattamente dietro le sue spalle disturbando, e non poco, la vista e le fotografie.

Per godere della vista sull’Hawa Mahal occorre salire sui rooftop del palazzo di fronte: ci sono alcuni bar/café e simili che si contenderanno il vostro stare: sta a voi avere il culo (eh sì) di imboccare la scala giusta e salire sul rooftop migliore. Lo dico perché il rooftop su cui mi sono trovata io non è stato esattamente una meraviglia (si chiama Wind View Café, segnatevelo per evitarlo, anche perché vi chiede 10 rupie anche senza consumazione).

L’Hawa Mahal dal rooftop di fronte al pomeriggio. Mi raccomando, programmate di fare quest’esperienza al mattino, quando avete il sole a favore e non contro, altrimenti vi verranno foto brutte come questa.

Ma andiamo con ordine: perché dover immortalare questo palazzo? Cos’ha di così particolare?

Beh, la sua architettura è di per sé particolare: un’immensa facciata – o poco più – che affaccia per l’appunto sul viale principale di Jaipur con una serie di finestre che si alternano a balconcini che visti da lontano sembrano tanti alveari. Il palazzo è davvero poco più che una facciata: lungo e sottile appena una stanza e un corridoio. Vi chiederete “A che serviva?” E ve lo dico subito.

La società indiana in ogni tempo non ha brillato per particolare accondiscendenza verso il genere femminile, anzi è una società fortemente patriarcale che vuole le donne non solo sottomesse e costrette ai matrimoni, ma anche invisibili al resto della società. Voi direte “ma le donne delle caste più elevate godevano di maggiori libertà“. La risposta è no. Le donne dell’alta società di Jaipur per esempio, se volevano assistere alle processioni religiosi o civili che avevano luogo nel centro di Jaipur si riunivano nell’Hawa Mahal, sicure di non essere viste, e da lì, da quella gabbia dorata, potevano assistere a ciò che succedeva così vicino, così lontano dai loro occhi.

Quindi bello l’Hawa Mahal, ma se penso al motivo per il quale è stato costruito, ovvero una bella gabbia per tenere nascoste le donne, sinceramente mi monta un certo senso di rabbia. Oh, e naturalmente non è questo l’unico luogo in cui le donne erano costrette (o recluse) di tutto il Rajasthan: perché per ogni Fort che abbiamo visitato, fosse qui a Jaipur, fosse a Jodhpur o ad Agra, le donne avevano il loro matroneo: né più né meno che appartamenti che avevano finestre a trine di pietra talmente sottili da scambiarle per pizzi, sufficienti per non farle vedere dall’esterno, insufficienti per percepire il mondo oltre quella gabbia di pietra.

Il selfie di fronte all’Hawa Mahal però ci sta.

I templi moderni: Birla Mandir e dintorni

Il Birla Mandir è stato il mio primo contatto con Jaipur. Un tempio moderno, tutto bianco, con le vetrate colorate che illustrano le principali divinità dell’Induismo: Krishna, ovviamente, e ovviamente Ganesh, ma anche Vishnu, Parvati, Shiva, e altri. Le vetrate colorate contrastano col bianco puro dell’architettura del tempio.

Il Birla Mandir

L’edificio deve il suo nome non a una divinità, ma al committente della sua costruzione: l‘imprenditore Birla che costruì il tempio riuscendo a farlo consacrare da nientemeno che il Mahatma Gandhi in persona.

La cosa bella di questo tempio, per me che sono totalmente analfabeta quanto a iconografie induiste, è l’estrema chiarezza delle vetrate, sulle quali sono raffigurate le divinità che, proprio come nelle chiese cristiane, hanno i loro attributi che le rendono riconoscibili. Ho trovato tutto ciò estremamente affascinante.

Vicino al Birla Mandir ci sono altri due templi. Uno è il Moti Dungri Ganesh Ji Temple, ovvero il tempio di Ganesh. Se il Birla Mandir attrae per le sue belle forme, per la sua bella architettura, il tempio di Ganesh poco distante è l’opposto: poco più di un garage riconvertito a luogo di culto. Ma un luogo di culto di tutto rispetto, presso il quale chi acquista l’auto nuova o la moto nuova viene a consacrarla, con offerte di fiori (ovviamente) e di denaro. Fuori dal tempio di Ganesh c’è infatti un piccolo parcheggio intorno al quale girano vari proprietari di moto e amici che inghirlandano la moto e versano acqua. Il tutto avviene sotto un sottopasso, in un parcheggio pubblico. E non so perché, ma trovo questa situazione allo stesso tempo assurda e intensissima. Senza dubbio vedere una cerimonia di benedizione di una moto è un’esperienza da local che in pochi possono dire di aver visto. Io ho visto per caso solo una parte della cerimonia e mi ha colpito la ghirlanda di fiori, come se la moto fosse un essere vivente. Poi ho visto quella stessa moto sfrecciare nel traffico di Jaipur, agghindata con la sua ghirlanda, e sì, mi sono commossa.

La statua di culto di Ganesh nel Moti Dungri Ganesh Ji Temple

Degna di nota la statua di culto: sembra una creazione dell’artista Jeff Koons, così vivace e fumettosa.

Ganesh è il dio preposto ai cambiamenti di status e alle novità, per questo ci si affida a lui per la benedizione di moto e auto. Il tempio in sé, come dicevo, è poco più di un garage, all’interno del quale giganteggia la statua del dio elefante arancione e lucida che sembra un’opera di Jeff Koons.

Artigianato tipico: la lavorazione delle gemme

Lo sapevate? Esiste una pietra dura dal colore violaceo che è originaria della regione di Jaipur. L’ho scoperta visitando un opificio di gemme o pietre dure, con annessa gioielleria, che mi ha offerto il chai più buono di tutta l’India, anche perché protetto da Ganesh:

La lavorazione delle pietre dure e delle gemme è un business che porta i suoi affari fino in Italia: così abbiamo appreso dalla nostra padrona di casa a Jaipur (moglie del proprietario della gioielleria che ci ha mostrato le bellurie lucenti della sua terra). Sicuramente è stata un’esperienza interessante perché abbiamo potuto vedere all’opera un artigiano delle pietre e dei professionisti delle vendite (Occidentali imparate: in gioielleria offrite un té alle clienti 😉 )

Tips: dove dormire

Durante il nostro soggiorno a Jaipur, io e le altre Travel Blogger Italiane partecipanti, Paola di Pasta Pizza & Scones, Virginia di Travel Gudu e Cristina di Vi do il tiro abbiamo dormito presso il Suryaa Villa, una casa di famiglia convertita in hotel, Heritage Hotel, per essere precisi. Qui, oltre a dormire, abbiamo preso parte ad un cooking show illustrato direttamente dalla padrona di casa.

La padrona di casa del Suryaa Villa sovrintende al cooking show

Per chi ama il relax, nella corte centrale attorno alla quale si sviluppa l’hotel, c’è una piscina.

Fuori da Jaipur: Galta Ji Mandir

A pochi km da Jaipur sorge il Galta Ji Mandir, altrimenti detto Tempio delle Scimmie per l’alta concentrazione di scimmie che qui vivono (e anche perché il tempio è consacrato al dio-scimmia Hanuman). Il tempio si trova al culmine di una stretta valle da cui sgorga una sorgente. Una vasca su una terrazza costituisce la sorgente, chiusa da un fronte architettonico molto elegante.

Galta Ji Temple

Il tempio si trova più in basso, lungo una via polverosa.

Appena all’esterno del complesso monumentale, però, è lo scempio più assoluto, fatto di spazzatura e di scimmie e di mucche che la mangiano, a ridosso delle case e nelle aiuole. Qui la concentrazione di spazzatura è davvero notevole, con conseguenze anche sulla respirabilità dell’aria, oltre che sull’ambiente e sulla salute degli animali e di chi ci abita.

Un peccato perché questa incuria rovina completamente la percezione del luogo.

Due scimmiette giocano tra di loro nel Galta Ji Temple

Ma non voglio chiudere questo racconto di Jaipur con questa nota negativa. Vi lascio un assaggio, un breve video in cui ho raccolto gli highlits della città. Lo trovate sul mio canale youtube Maraina in video:

13 risposte a "Jaipur: cosa fare e cosa vedere nella “città rosa” del Rajasthan"

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  1. Sono rimasta estasiata dal tuo racconto. In particolar modo mi ha affascinato il Galta Ji Mandir. un edificio davvero pittoresco che esprime in maniera esemplare l’arte e l’architettura di questi luoghi.

  2. Fascinosa e intrigante la magica città rosa, che nelle tue foto e dal racconto hai saputo rendere ancora più bella e desiderabile.

  3. Che spettacolo Jaipur! Il Rajasthan racchiude il top dell’architettura dell’India ai tempi dei Maraja, la parte forse più frequentata dai turisti italiani ma, nel contempo è un grande insieme di contraddizioni. Ma l’India è sempre unica

    1. eh sì, contraddizioni tante, tantissime. Jaipur è molto turistica in effetti, è il luogo in cui abbiamo incontrato più turisti occidentali. L’architettura è splendida, io la adoro!

  4. Il sistema delle caste è ancora presente, purtroppo, in India, e ancora oggi un’importante strato della popolazione femminile indiana continua a vivere in una condizione di discriminazione e di inferiorità rispetto agli uomini. Pazzesco sapere che invece fino al 500 a.C. le donne godevano di pari dignità e diritti! Un nostro amico indiano ci ha raccontato tutto questo!

    1. La nostra guida ci ha raccontato, non solo a Jaipur, ma anche in altri altri siti, diversi aneddoti che dimostrano quanto le donne indiane “di corte” fossero vessate da varie manifestazioni di inferiorità, da altre situazioni in cui dovevano assistere alle cerimonie non viste, da dietro pesanti grate di pietra, a situazioni in cui le donne erano meri oggetti sessuali che venivano “vinti” giocando a una specie di mosca cieca o gioco dell’oca. E la nostra guida sembrava molto divertita mentre ce lo raccontava (e noi eravamo tutte donne, ti puoi immaginare)

  5. L’India mi chiama a gran voce davvero da molto tempo: ovviamente nel mio itinerario non farei mancare la splendida e particolare Jaipur che mi hai fatto conoscere molto bene con questo tuo articolo!

    1. Jaipur è senz’altro una città da visitare. è anche molto turistica, il che vuol dire che qui praticamente i venditori della qualunque ti si lanciano addosso per farti comprare la loro merce. Ma tolto questo è sicuramente da visitare

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