Dal Museo al territorio: il Museo archeologico di Cabras, Tharros e l’area marina protetta del Sinis

Visitare il Museo Civico “Giovanni Marongiu” di Cabras (OR) vuol dire immergersi completamente nell’archeologia di un territorio straordinario, qual è quello che gravita intorno allo Stagno di Cabras e al Golfo di Oristano. Una terra frequentata dall’uomo da epoche remotissime, anche precedenti alla civiltà nuragica, e che ha visto l’avvicendarsi di diverse civiltà: dall’età neolitica alla civiltà nuragica a quella punica e oltre, fino all’età romana.

Visitiamo innanzitutto il Museo archeologico di Cabras. Ci spostiamo poi in uno dei siti archeologici più noti della Sardegna, Tharros, infine esploriamo l’area marina protetta del Sinis, le cui acque per secoli hanno custodito un relitto dal carico piuttosto prezioso…

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Museo di Cabras – l’allestimento della sezione dedicata a Tharros

Il Museo Civico “Giovanni Marongiu” di Cabras: il racconto dell’archeologia del territorio

Il territorio di Oristano e di Cabras è ricchissimo di siti archeologici, segno dell’importanza che questa subregione ebbe nell’antichità più remota della Sardegna. La regione è stata occupata, infatti, fin dall’età neolitica (4800 anni a.C.): l’epoca cioè in cui i gruppi umani finalmente divennero stanziali, adottarono le pratiche dell’agricoltura e impararono a plasmare vasi in terracotta. Un’epoca fondamentale per la storia dell’umanità.

Il Museo archeologico di Cabras ha il compito di accompagnarci nello sviluppo della storia degli insediamenti umani nella zona di Oristano e lo fa proprio a partire dall’età neolitica. Il primo sito rappresentato è infatti il vicino insediamento neolitico di Cuccuru is Arrius, che si trova sulla sponda sud orientale dello stagno di Cabras. Le testimonianze archeologiche provengono principalmente dalla necropoli rinvenuta, le cui tombe sono a grotticella artificiale (ovvero piccole cavità scavate dall’uomo), all’interno delle quali i defunti sono deposti in posizione fetale, rannicchiata. I defunti indossavano collanine di conchiglie e di corallo ed erano deposti con un corredo costituito da vasi e da statuette femminili dalle forme abbondanti. 

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Museo di Cabras, Statuetta femminile dagli scavi di Cuccuru is Arrius

Finora abbiamo visto testimonianze legate alla morte, ma cosa sappiamo della vita in età neolitica? Grazie agli scavi archeologici condotti in località Cuccuru is Arrius, sappiamo che i gruppi umani del Neolitico che vivevano qui costruivano capanne nei cui fondi sono stati rinvenuti materiali ceramici attraverso i quali capiamo quanto nel volgere di poche centinaia di anni, tra il 4800 a.C. e il 4300 a.C., la capacità dei ceramisti nel plasmare l’argilla si fosse accresciuta.

Ma sto parlando in archeologhese. Perciò facciamo un salto in avanti nel tempo e andiamo in un’altra località vicino a Cabras e in un’altra epoca, l’età nuragica. Andiamo a conoscere i Guerrieri di Mont’e Prama.

Museo di Cabras: i Guerrieri di Mont’e Prama

Mont’e Prama si trova a 2 km circa da Cabras. Questa località è divenuta famosa per il rinvenimento di numerose statue chiamate Giganti o Guerrieri in grossi frammenti distrutti intenzionalmente in epoca antica. Di fatto vi sono ancora dubbi sulla loro reale interpretazione e funzione. Finora sono state identificate 28 statue, tutte frammentarie, che rappresentano pugilatori, arcieri e guerrieri. I pugilatori, a torso nudo, indossano un gonnellino, proteggono la testa con uno scudo e indossano guantoni. Gli arcieri indossano una corta tunica e una protezione sul petto, portano in testa un elmo a due corna e hanno i capelli raccolti in lunghe trecce, mentre nella mano sinistra tengono un arco e le gambe sono protette da schinieri. Le iconografie così ricostruite si rifanno ai famosi bronzetti nuragici.

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Museo di Cabras – I Giganti di Mont’e Prama

I Giganti di Mont’e Prama al momento sono divisi tra il museo di Cabras e il Museo archeologico nazionale di Cagliari. Il progetto prevede però che in futuro tutti i giganti saranno riuniti a Cabras dove già oggi la loro musealizzazione, molto suggestiva, su fondo nero con illuminazione efficace delle statue bianche, approfondisce il tema della loro scoperta. Attualmente al museo di Cabras sono esposti 6 Giganti, di cui tre pugilatori, due arcieri e un guerriero.

Dal Museo di Cabras al territorio: la città fenicio-punica di Tharros

La sezione del Museo di Cabras dedicata alla città di Tharros si riconosce immediatamente per l’allestimento molto coinvolgente: i reperti archeologici, stele e vasi principalmente, sono collocati su uno strato di sabbia che ricorda immediatamente la posizione geografica della città punica: su una penisoletta, estrema propaggine della penisola del Sinis, sul Golfo di Oristano. La città fu fondata nell’VIII secolo a.C. dai Fenici ma ha avuto continuità di vita fino a epoca medievale (testimoniata sulla terraferma dalla bella chiesa bizantina di San Giovanni in Sinis che affaccia proprio sul golfo in direzione di Tharros).

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Museo di Cabras – l’allestimento della sezione dedicata a Tharros

Tornando all’esposizione museale, essa è dedicata principalmente ai rinvenimenti nel tofet di Tharros, ovvero nel santuario cittadino della città, che era costituito da una vasta area a cielo aperto, chiusa da un recinto sacro e nella quale erano deposte urne cinerarie contenenti i resti incinerati di bambini e neonati associati a piccoli animali, probabilmente sacrificati come offerta votiva. Le urne cinerarie in terracotta rinvenute sono davvero migliaia, alle quali vanno sommate almeno 300 stele e cippi in arenaria.

Tharros: la città fenicio-punica dalla storia lunghissima

Tharros oggi è un’area archeologica aperta al pubblico e visitabile tutto l’anno.

La città di Tharros fu fondata all’estremità meridionale della penisola del Sinis nell’VIII secolo da genti fenicie in un luogo già frequentato in età nuragica. Ma è nel VI secolo a.C. che Tharros si sviluppa maggiormente, quando passa sotto l’influenza cartaginese, ovvero punica. È in questo periodo che la città viene monumentalizzata, con la realizzazione innanzitutto di una potente cinta muraria; all’interno delle mura ricade il tofet, il grande santuario funerario dei bambini, accanto al quale si installa un quartiere artigianale, specializzato nella lavorazione del ferro. All’età punica risalgono i più importanti e monumentali luoghi di culto della città, come il tempio “delle semicolonne doriche”, così chiamato perché sui lati era decorato con semicolonne e capitelli a rilievo, a imitazione dei templi dorici greci.

Tharros viene conquistata dai Romani nel 238 a.C. al termine della Prima Guerra Punica. L’occupazione romana trasforma la città e la città stessa si evolve col passare dei secoli, fino ad arrivare alla piena età imperiale, il II secolo d.C. quando le strade cittadine sono pavimentate in lastroni di basalto e viene sviluppato un sistema fognario molto articolato ed efficace; vengono poi costruiti tre edifici termali serviti da un acquedotto del quale si conserva il castellum aquae, ovvero la cisterna di redistribuzione dell’acqua attraverso le condotte della città.

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Uno scorcio dell’area archeologica di Tharros (Credits: Sardegnaturismo.it)

Dalla tarda antichità la città viene progressivamente abbandonata e contestualmente spoliata dei materiali di costruzione per costruire altrove nuovi centri abitati e nuovi edifici anche religiosi. Tharros fu comunque sede vescovile – quindi capoluogo del territorio – fino al 1071, quando la diocesi fu trasferita a Oristano.

Dal Museo di Cabras al territorio: il relitto romano di Mal di Ventre

Mal di Ventre è il nome di una piccola isola a nord del Golfo di Oristano. Nelle sue acque è venuto in luce alla fine degli anni ’80 un relitto di età romana con un carico decisamente particolare: più di mille lingotti di piombo del peso medio di 33 kg, dalla forma trapezoidale allungata, recante ciascuno il marchio di fabbrica del produttore. Il rinvenimento di un carico del genere è un caso unico nell’archeologia subacquea: i lingotti, prodotto semilavorato, erano destinati a chissà quale porto del Mediterraneo per essere smerciato e finito di lavorare: dai lingotti di piombi si ricavavano tubature per l’acqua e rubinetti, urne cinerarie, ma anche statuine e tessere; era un metallo versatile già all’epoca e aveva un prezzo di mercato relativamente basso.

Il relitto si data, sulla base dei bolli sui lingotti e degli altri materiali rinvenuti a bordo, in particolare anfore, alla I metà del I secolo a.C., tra l’89 e il 50 a.C.

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Museo di Cabras – L’allestimento del Relitto romano di Mal di Ventre

L’area marina protetta del Sinis: l’isola di Mal di Ventre

L’Isola di Mal di Ventre rientra nell’area marina protetta del Sinis. L’erosione delle rocce granitiche che la formano è la principale responsabile della sabbia così particolare delle spiagge del Sinis, caratterizzata da cristalli di quarzo. Alle spiagge si alternano alti tratti di falesia, che rendono particolarmente spettacolare questo tratto di costa.

L’isola di Mal di Ventre è un vero e proprio “santuario della natura”, così come l’altra isoletta dell’area marina del Sinis, ovvero lo Scoglio del Catalano, una formazione vulcanica in basalto quasi nero. Mal di Ventre deve il nome ai forti venti che la percorrono e che rendono difficile la navigazione, e infatti il nome deriva dal sardo Malu Entu. L’isola, molto piccola, è disabitata dall’uomo mentre la abitano conigli e tartarughe ed è luogo di nidificazione per alcuni uccelli, il che le ha fatto guadagnare la protezione naturalistica di cui gode. Da un lato l’isola si affaccia sul mare con un’alta falesia granitica, mentre dall’altra parte si alternano piccole spiaggette in granelli di quarzo bianco.

Il relitto romano di Mal di Ventre non è la sola nave ad essere affondata nel mare antistante l’isola nel corso della storia: un vaporetto, un mercantile affondato nel 1973, navi spagnole e tante tante barche, segno di quanto davvero in questo punto i venti e le correnti siano davvero pericolosi.

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L’Isola di Mal di Ventre (Credits: Sardegnaturismo.it)

Dal Museo di Cabras alla scoperta del territorio e viceversa

Il Museo di Cabras è punto di partenza, o di arrivo, di un’esplorazione del territorio che va dal passato più antico della regione alle sue meraviglie naturalistiche e alle sue peculiarità paesaggistiche che rendono la penisola del Sinis straordinaria oggi più che mai.

Non resta da far altro che armarsi di curiosità e di macchina fotografica, e mettersi in viaggio.

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